Si susseguono i ricordi di Piermario Morosini, il centrocampista del Livorno di 25 anni morto sabato in campo durante la partita con il Pescara (leggi la lettera di Luca Rossettini). Tutti sono stati colpiti dalla tormentata storia della sua famiglia e dal modo sempre sereno e ottimista con cui Piermario ha affrontato una vita certamente non facile (leggi le testimonianze di un amico di famiglia e di Eugenio Perico, allenatore delle giovanili dell’Atalanta), che ora resta composta dalla sorella disabile, per la quale è già partita una gara di solidarietà. IlSussidiario.net ha raccolto la testimonianza di Marco Pinna, educatore presso il centro in cui è ospitata la sorella: ecco cosa ci ha detto in esclusiva.



“Io anche stamattina ho parlato ad alcuni bambini di Piermario per come l’ho conosciuto io, cioè nel rapporto che aveva con la sorella. L’ho conosciuto da piccolo, quando aveva 10 o 12 anni e i miei contatti con lui erano limitati a questo. Sua sorella è in condizioni piuttosto gravi, lo riconosceva ma la loro comunicazione era quasi tutta basata sugli sguardi: non voglio dire altro per rispetto della privacy. Di certo ora bisognerà abituarla a questa novità, io stesso mi sono spaventato molto per questo, quando ho saputo la notizia”. 



Come era il rapporto tra Piermario e la sorella?

Per lei Piermario era un’ancora affettiva notevole, e non sarà facile spiegargli che non c’è più e non so neanche come andrà avanti. Di sicuro tra loro c’era un rapporto molto importante, e sono contento che tutti abbiano parlato bene di Morosini: per quanto posso dire, posso sicuramente confermare che era un ragazzo eccezionale. Non sono parole di circostanza quelle che tutti stanno dicendo, insomma, e sono stato molto contento anche di parlarne ai bambini, anche se ripeto che la mia conoscenza di Morosini si limitava al rapporto con la sorella.



Tutti lo ricordano come un ragazzo solare ed ottimista…

Io vedevo come si rapportava con la sorella, e posso in effetti confermare che anche in quei momenti era molto solare. Questo non voleva dire che fosse sempre spensierato, il che non sarebbe stato nemmeno giusto, ma di certo era sempre molto positivo anche nei confronti della sorella. Sicuramente quello che ha dovuto affrontare nella sua vita l’ha fatto maturare prima di tanti altri ragazzi. Dopo la morte della mamma, e poi quella del papà, non sono stati momenti facili, perché la ragazza è costantemente da seguire; ha avuto un ruolo importante anche una zia, e anche Piermario era sempre molto presente nonostante i diversi cambi di città nella sua carriera.

C’era qualcosa che la colpiva particolarmente nel rapporto che aveva con la sorella?

Sicuramente era impressionante questo sguardo eccezionale che aveva verso di lei, che trasmetteva qualcosa di profondamente vero. Io ho a che fare con molti familiari di persone disabili: il legame c’è sempre, ma spesso sono contatti formali. Con lui non era così, fin da quando era piccolo e c’era ancora sua mamma. Questa è la cosa che mi piacerebbe far sapere e ricordare di lui. Il modo di comunicare che aveva con la sorella era la dimostrazione del legame profondo che c’era tra loro due.

Ora cosa spera per la sorella?

Ho sentito con piacere di tutte le iniziative che sono state annunciate per lei. Quindi mi auguro soltanto che non si fermino alle parole, ma che si traducano in gesti concreti. 

 

(Mauro Mantegazza)

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