La faccenda di cui stiamo per parlare è complicata. Cerchiamo di spiegarla: Tracy Lagondino nasce nel 1974 alle Hawaii. E’ una bella ragazza che a un certo punto della sua vita vuole diventare un uomo, e nel 2002 si sottopone ad un’operazione per cambiare sesso. Rimuove il seno e fa cure di testosterone, ma non rimuove l’apparato riproduttivo, perché la sua compagna, Nancy, di undici anni più grande, dopo aver avuto due figlie ha subìto l’asportazione dell’utero, e non può più avere figli. Tracy, che nel frattempo è diventata legalmente un uomo di nome Thomas Beatie, con sembianze maschili ma apparato genitale femminile, non vuole precludersi la possibilità della prole.



Nel 2003 Thomas interrompe le cure ormonali e decide di affidarsi alla fecondazione artificiale. Secondo quanto risulta dalle cronache, il liquido seminale è di un “donatore”, acquistato, cioè, da una banca del seme, mentre ovocita ed utero sono di Thomas/Tracy: il concepimento sarebbe avvenuto con una inseminazione “fai-da-te”, con una banale siringa. Nel giugno del 2008 nasce Susan, partorita naturalmente, l’anno dopo Austin e nel 2010 Jensen. Le foto di Thomas “incinto” – un uomo col pancione, lo chiamavano “mammo” – hanno fatto il giro del mondo, ad ogni gravidanza.



Adesso si parla ancora di lui perché, dopo aver rimosso completamente l’apparto riproduttivo femminile e fattosi ricostruire i genitali maschili, diventato completamente uomo, insomma, ha annunciato al mondo la separazione dalla moglie. L’abbondante diffusione di servizi fotografici e interviste tv, radio, web, e chi più ne ha più ne metta, che ad ogni gravidanza del “mammo”, e relativo parto, hanno invaso i mezzi di comunicazione di mezzo mondo, accentua il lato commerciale di una vicenda decisamente surreale, che se non fosse adeguatamente documentata da un punto di vista medico e legale sembrerebbe inventata di sana pianta, e costruita su misura per succhiare soldi a un circuito mediatico in cerca di notizie sempre più sensazionali e fuori dall’ordinario. Una brutta trama per un film di quarta categoria, di quelli che però al botteghino incassano, eccome. 
Purtroppo, pare sia tutto vero.



Dico purtroppo perché ci sono di mezzo tre bambini, che sono esattamente come tutti gli altri bambini del mondo, con gli stessi diritti, in primis quello di avere una famiglia, cioè un padre e una madre. Tre bambini che non conosceranno mai il loro padre naturale – quello che ha venduto il proprio sperma alla banca del seme – e che sono stati partoriti da una donna che legalmente, e anche visivamente, è un uomo, una madre che è un padre anche fisicamente, e che ha pure disseminato il pianeta di foto, filmati e dichiarazioni che per sempre ricorderanno loro come sono venuti al mondo. Immagini di un uomo compiaciuto che mostra il pancione. Cosa penseranno, quali saranno i loro sentimenti, a cominciare dalla coscienza di sé, quando capiranno come sono andate le cose?

Quando si chiederanno chi è il loro papà e chi la loro mamma, quale potrà essere la risposta?  Sarebbe ipocrita nascondersi dietro il politicamente corretto del “l’importante è che siano amati”. Si tratta di una situazione estrema e drammatica, creata dalla volontà personale, pianificata a tavolino,  e non prodotta da eventi straordinari ma inevitabili. Quando sarà possibile interrogarsi su tutto questo, con franchezza, cominciando a riconoscere l’oggettività dei fatti, e cioè che un figlio non può essere un diritto da esigere a tutti i costi?