«Chiaramente tutto il peso della crisi economica sta gravando sulle famiglie, che devono assorbire i fallimenti sia dello Stato che del mercato. Sono sempre loro a dover sopportare un peso che diventa sempre più forte, e come se non bastasse sono completamente lasciate sole». Pierpaolo Donati, direttore dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, commenta in questa intervista le dichiarazioni e i dati comunicati da Anna Maria Tarantola, vice direttore generale di Bankitalia, nel corso del Convegno “La famiglia un pilastro per l’economia del Paese”: durante la fase più acuta della recessione, nel 2008-09, la caduta dei redditi familiari ha raggiunto in Italia il 4%, a fronte di una riduzione del Pil del 6%. Tarantola ha spiegato che “nel momento di massimo impatto della crisi sul mercato del lavoro italiano, circa 480mila famiglie hanno sostenuto almeno un figlio convivente che aveva perso il lavoro nei dodici mesi precedenti”. Una crisi che quindi ha inciso pesantemente sui redditi delle famiglie italiane, “riducendone la capacità di risparmio. La ricchezza accumulata, finanziaria e reale, è stata in parte utilizzata per far fronte alle difficoltà economiche”. Ecco quindi che in una situazione del genere si sono ampliati i divari.
Professore, come mai ha detto che le famiglie sono lasciate sole in queste difficoltà?
Nei tavoli in atto da tempo riguardanti le riforme strutturali, da quella fiscale a quella del mercato del lavoro, la famiglia è totalmente assente e in nessun modo si tiene conto del nucleo familiare come unità economica e maggior meccanismo di redistribuzione dei redditi e della ricchezza. Ecco quindi che ora scontiamo tutta una serie di conseguenze negative della scelta di non puntare l’attenzione sulla famiglia come tale, che fa in qualche modo generare un circolo vizioso della crisi generale sia dello Stato che del mercato.
Tarantola ha spiegato che le famiglie italiane hanno svolto e continueranno a svolgere anche nel 2012 un’importante funzione di ammortizzatore sociale contro la crisi. Cosa ne pensa?
Il ruolo di ammortizzatore sociale è svolto dalle famiglie da circa trent’anni, praticamente da quando si sono abbandonate le politiche sociali commisurate alla famiglia come tale. Faccio solo un esempio: gli assegni familiari introdotti negli anni Trenta rappresentavano un vero e proprio reddito familiare, ma dall’inizio degli anni Ottanta hanno cominciato a non significare più nulla. Sono quindi circa trent’anni che la famiglia non viene più considerata come un referente di equilibrio sociale, e per questo deve addossarsi tutti i costi delle crisi ricorrenti. Anche se devo ammettere che la definizione di ammortizzatore sociale proprio non mi piace.
Come mai?
Perché significa scaricare le responsabilità dello Stato e del mercato sulla famiglia, il che rappresenta una profonda ingiustizia. La famiglia deve prendersi le sue responsabilità, crescere i figli ed essere un soggetto sociale partecipativo ed economico come lo è da sempre, ma questo suo ruolo deve essere riconosciuto e sostenuto, ma non penalizzato.
E’ stato anche detto che «la crisi ha reso ancora più forte la dipendenza dei membri più deboli dalla famiglia d’origine, riducendo ulteriormente la propensione dei giovani di intraprendere percorsi autonomi, a passare dalla condizione di figlio a quella di genitore». Quanto pesano quindi i giovani disoccupati all’interno di una famiglia?
Pesano moltissimo, anche se avremmo bisogno di fare tutta una serie di precisazioni statistiche. Sappiamo però che l’Italia è il Paese al mondo in cui i figli restano più a lungo nella famiglia di origine, e ormai siamo arrivati a circa un 50% di giovani che fino ai 30-35 anni è a carico delle famiglie. Questa è chiaramente una situazione insostenibile, che deriva da un fatto ben preciso riguardante l’equità tra le generazioni.
Ce ne parli.
Soprattutto in questi ultimi trent’anni, l’Italia ha vissuto su un benessere artificioso, gonfiato, perché si spendeva quello che doveva essere lasciato alle nuove generazioni. Da un paio d’anni a questa parte i nodi sono venuti al pettine, e i giovani si ritrovano a dover pagare quello che i genitori e i nonni hanno consumato nelle generazioni precedenti, ma che in realtà doveva essere lasciato a loro.
Con quali conseguenze?
Un tempo erano i figli ad assistere genitori e anziani, mentre adesso si è completamente invertito il processo, con i nonni che assistono i nipoti e i genitori che devono pensare ai figli. Inoltre oggi nessuna di queste generazioni può fare affidamento su una maggior quantità di risorse, che sono scarse per tutti, dunque la famiglia si ritrova stressata e sotto pressione proprio nella sua capacità di essere lo strumento più importante di redistribuzione fra le generazioni nella società.
(Claudio Perlini)