La campagna intorno a Viterbo. E’ notte, e alcuni malviventi, identificati poi per cittadini rumeni, si introducono dentro una abitazione privata. L’intenzione è ovviamente quella della rapina. Dentro vi trovano l’anziano proprietario: vogliono sapere dove tiene i soldi. Non è un interrogatorio, è una aggressione violenta e senza senso: lo massacrano di pugni. Poi fuggono. L’uomo è ridotto in fin di vita, viene soccorso da alcuni vigilantes giunti sul luogo dopo che è scattato l’allarme. Una volta ricoverato si viene a sapere di chi si tratta, un nome noto in tutta Italia nel campo educativo. E’ Ausonio Zappa, 81 anni, docente universitario e fondatore delle scuole private Nuova Accademia di Belle Arti di Milano e Nuova Accademia di Viterbo, istituti prestigiosi dall’esistenza decennale. La notizia fa scalpore in tutta Italia non solo per la notorietà della persona coinvolta, ma perché è l’ennesimo episodio di una violenza inaudita quasi sempre a opera di rumeni, le cosiddette “rapine in villa” che si sono anche concluse con la morte di alcuni proprietari. Attualmente Ausonio Zappa è ancora in coma, ricoverato in ospedale: l’ematoma al cervello rimane senza dare segni di miglioramento o di peggioramento.
L’indignazione degli italiani davanti a questi episodi è sempre più alta, così come il senso di impotenza. In questo quadro colpiscono le parole del figlio di Ausonio Zappa, Gianluca, che non usa il tono della rabbia, dell’accusa, del dolore senza senso, come accade spesso in casi analoghi. Dalle sue parole emerge invece un modo diverso di affrontare anche un dolore come questo. “Non ho spiegazioni particolari da dare. Se ho mostrato di avere una forza, di dare un giudizio equilibrato, di avere una chiarezza, questo mi viene solo dalla mia fede. Una fede che proprio mio padre ci ha sempre insegnato in famiglia. Una apertura, la sua, alla dimensione divina di cui parlava in continuazione”. Allora, aggiunge Gianluca, questo “fa sì che anche quando capitano cose come queste non le vivi da solo, le vivi in una compagnia, in una certezza che il male non è l’ultima parola”. E’ quasi tempo di Pasqua: “la Pasqua accade ogni giorno, non solo in questo periodo dell’anno. La vittoria già c’è e io guardo così a quel corpo di mio padre che sta lì immobile con la coscienza di questa vittoria”.
Le parole che lei ha rilasciato in questi giorni dopo il terribile episodio di cui è stato vittima suo padre hanno stupito un po’ tutti.
Io ho la certezza che la vita non finisce qui. Questo certezza ha contribuito molto a tenere il cuore in pace, per quanto sofferente. In questo senso uno si rende di avere delle responsabilità nel parlare. Non potevo certo scatenare la guerra contro gli extracomunitari. Quelli che hanno fatto a mio padre ciò che gli hanno fatto sono anche degli assassini senza scrupoli, ma non sono certo tutti così.
Non è prevalsa quella rabbia, quella indignazione che quasi sempre prevale in casi come questi.
Questa è la posizione in cui mi sono trovato a vivere questo momento. Molte persone mi hanno chiesto come faccio ad affrontare in questo modo questa cosa: semplice, c’è una provvidenza dietro tutto. Lo dice anche il finale dei Promessi Sposi…
Lei ha detto che oggi non si è più capaci di distinguere la differenza fra bene e male, che tutto è stato azzerato nella morte dei valori morali.
E’ qualcosa che non riguarda solo certi rumeni, riguarda anche tanti dei nostri giovani ad esempio. Educazione del popolo: non è una mia espressione, ma mai quanto in questo caso queste parole hanno un senso. Questo è ciò che manca oggi, un’educazione. Non c’è più senso del sacrificio, rispetto dell’altro. In più c’è quest’Europa dove ci troviamo a vivere tutti insieme, italiani, rumeni e tanti altri popoli, ma che non ha anima, che non ha cultura e non ha radici.
Cosa vuol dire che c’è un problema di educazione?
Noi sappiamo bene che i nostri punti di riferimento sono quelli della tradizione cristiana. Io lavoro nella scuola statale e si capisce benissimo, in quell’ambiente, che abbiamo in testa una figura precisa, dei valori che attingono a quella tradizione. Però non abbiamo il coraggio di andare fino in fondo, anzi prendiamo in giro questa fede tranne utilizzarla quando ci fa comodo.
E’ anche vero che esistono esempi positivi nella nostra società, di cui invece i media preferiscono per qualche ragione non parlare. Penso ad esempio a quanto ha fatto suo padre per il mondo dell’istruzione e dell’educazione.
Nei giorni successivi all’aggressione ho ricevuto moltissime richieste di interviste. Pensavo: ma è possibile che con mio padre in queste condizioni devo pensare ai giornalisti? Invece sono andato a parlare con loro perché volevo che questo positivo si mettesse in luce. Invece che parlare di problemi politici che certamente ci sono, io ho voluto parlare di quello che di buono esiste, ho voluto dare voce a mio padre, che proprio pochi giorni prima dell’aggressione aveva ricordato quello che aveva fatto.
Siamo a Pasqua: cosa significa viverla nel dolore che lei sta attraversando?
A Pasqua si fa memoria, ma la Pasqua è sempre, non solo questa domenica. La resurrezione, la vittoria di Gesù sulla morte, ha sconfitto il diavolo, ha fatto piangere il diavolo. La resurrezione di Cristo ha lasciato di stucco la morte. Se posso citare don Giussani, un grande amico di mio padre, la vita è una battaglia dall’esito certo. La vittoria già c’è e io guardo così a quel corpo di mio padre che sta lì immobile con la coscienza di questa vittoria.