Oggi, 17 maggio, la Chiesa ricorda l’Ascensione di Gesù al cielo, momento avvenuto secondo la tradizione quaranta giorni dopo la sua morte e la sua resurrezione. E’ una ricorrenza che viene celebrata non solo dalla Chiesa cattolica, ma anche da quella protestante e da quella ortodossa. Della festività dell’Ascensione si parla già intorno al IV secolo dopo Cristo: è Agostino a definirla una solennità già molto diffusa. E’ durante il Concilio di Elvira, che si tiene all’incirca in un periodo compreso tra il 300 e il 313 dopo Cristo che si discute quando fissare il giorno in cui ricordare tale evento. La decisione viene presa tenendo conto di quanto è scritto negli Atti degli Apostoli, cioè quaranta giorni dopo a Pasqua. E ovviamente una festa “mobile” in quanto la Pasqua varia di anno in anno. L’Ascensione celebra il definitivo addio di Gesù dagli uomini. A Maria Maddalena infatti aveva detto: “Non trattenermi perché non sono ancora salito al Padre, ma va’ dai miei fratelli e dì loro, Io salgo al Padre mio e Padre e vostro, al Dio mio e Dio vostro (Giovanni, 20,17)”. Il luogo, benché non sia indicato nella Bibbia, dove avvenne la salita di Gesù al cielo sarebbe l’Orto degli ulivi a Betania. Nel Vangelo infatti si legge che dopo l’ascensione gli apostoli “tornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato (Atti, 1:12)”. Qui esiste una basilica che venne distrutta e ricostruita più volte e al cui interno sulle rocce sarebbe conservata l’impronta del piede di Gesù al momento dell’ascensione. La basilica si trova ancora oggi in territorio gestito dai musulmani e per entrarvi bisogna pagare un obolo di ingresso. Dulla festività dell’Ascensione IlSussidiario.net ha contattato lo scrittore Rino Cammilleri.
Nei Vangeli il racconto dell’Ascensione è descritto in pochissime righe, in modo molto stringato. Perché secondo lei? Secondo alcuni questo è stato fatto per non mettere l’evento sullo stesso piano della Resurrezione.
Senz’altro la Pasqua è molto più importante dell’Ascensione, è anzi la festività più importante di tutte. Bisogna però tener conto che i Vangeli sono una semplice cronaca stringata di per sé, sono stati messi per iscritto in un periodo in cui cominciavano a morire i testimoni oculari per cui bisognava in qualche modo preservare i fatti essenziali dalle molte versioni che si stavano accumulando.
Negli Atti si trova la cronaca più dettagliata dell’episodio.
I Vangeli riportano in modo essenziale i fatti più importanti. Lo stesso San Paolo a proposito dell’Ascensione dice che molti di quelli che furono presenti in quel momento erano ancora vivi quando lui si convertì al cristianesimo. E’ interessante piuttosto notare come anche durante l’Ascensione uno degli evangelisti dica che molti ancora non credevano, nonostante avessero visto la Resurrezione e, appunto, l’Ascensione.
Viene fatto notare, nella descrizione dell’evento, che Gesù ascende al cielo con il suo corpo umano, preservandolo. Cosa significa questo secondo lei?
Il corpo ha la sua importanza perché noi siamo stati fatti di corpo e anima, a somiglianza e immagine di Dio e Cristo è il prototipo di questo uomo perfetto, non è solo spirito ma anche corpo. Il corpo assume poi importanza decisiva perché tramite il corpo possiamo dannarci oppure possiamo salvarci. Anche la Madonna viene assunta con il corpo in cielo con la sola differenza che Cristo ascende con le sue proprie forze, la Madonna viene invece innalzata al cielo da una forza non sua.
In alcuni Paesi europei l’Ascensione è anche festa nazionale e civile. In Italia lo è stata sino al 1977, poi abolita. Da qualche anno sono stati presentati dei disegni di legge per farla tornare festività civile, secondo lei ha senso?
C’è stato un tempo in cui le feste cattoliche erano anche feste nazionali, questo dipendeva dal sentimento del popolo. Il popolo e il cattolicesimo hanno spesso coinciso con il sentimento nazionale. Pensiamo a una nazione come la Polonia, nazione schiacciata, spartita e divisa e ricomposta dove il cattolicesimo ha preservato la sua identità. Per l’Italia di oggi, la festa ha senso solo se ci sono persone che ci credono. Oggigiorno, in Italia, non so quanti italiani tengano davvero a questa festa.