La battuta di Berlusconi sui ristoranti pieni, di qualche mese fa, scatenò le ire di tutta la categoria e l’ironia di tanti. A me quella battuta fece un po’ specie solo per il fatto che il termometro della crisi si doveva misurare alle spalle di una categoria, quella dei ristoratori appunto, che fanno microimpresa, rischiosa come tantissime imprese di altro tipo. Se dunque era vero che i ristoranti fossero stati pieni, l’indicazione sembrava quella di disertarli, quasi che al tavolo di fianco uno avrebbe trovato il signore delle agenzie delle entrate pronto a chiedere la dichiarazione dei redditi. Se invece erano vuoti, quella dichiarazione sembrava solo una sonora bugia.
Ma qual è la realtà? A me sembra un po’ quella del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Di certo la gente è più attenta a spendere, e la psicologia della formica sta prevalendo su quella della cicala, ma qualche sera fa, a Roma, in un’osteria in Campo dei Fiori c’era la fila di gente fuori. Era lunedì e l’osteria in questione si chiama La Quercia (piazza della Quercia, 23 • tel. 0668300932). I tavolini sono molto ravvicinati, divisi in due sale, per un pubblico di stranieri e di giovani. È un’osteria elegante, coi canoni della cucina romana classica, per cui di antipasto ti servono i carciofi, mentre oggi (come tutti i giovedì) fanno rigorosamente gli gnocchi; fra i primi non mancano l’amatriciana e la carbonara (eseguita perfettamente). Di secondo c’è la coda alla vaccinara, l’abbacchio, il coniglio alla cacciatora e le sontuose polpette al sugo o al vino bianco. Si beve bene e si spende sui 40/50 euro.
Ora, io “provo” circa 150 ristoranti l’anno e con essi aggiorno continuamente la guida su iPhone I Ristoranti del Golosario. Ebbene, se mi guardo indietro in questi primi cinque mesi dell’anno devo riconoscere che quella dell’altra sera non è stata la sola osteria piena di gente in cui mi sono trovato in un giorno feriale. Ne ho viste tante altre e molte le ho raccontate su queste pagine. Altre le troverete su Papillon (il n. 63) che fra una settimana potrete sfogliare sempre su queste pagine.



Cosa vuol dire tutto questo, che Berlusconi aveva ragione? Vuol dire due cose. La prima è che l’Italia ha una spiccata vocazione turistica e questo si vede nelle città d’arte (ma chi scommette seriamente su questo fattore?); la seconda è che un’attività ristorativa può anche essere capace di intercettare il bisogno della gente, che è quello di ritrovarsi intorno a una qualità irrinunciabile pagando il giusto prezzo.
Per questo la macelleria Motta a Bellinzago Lombardo (via Padana Superiore, 90 • tel. 0295784123) è sempre piena nei giorni feriali, ma anche la nuova locanda A Casa di Babette a Rosignano Monferrato (regione Valle Ghenza – via Isola, 2 • tel. 0142489705 – 3357406654) o la Taverna del Sacripante a Milano (viale Coni Zugna, 52 • tel. 0283390065) che ho provato domenica sera. Anche le pizzerie saranno piene, ma solo quelle capaci di interpretare la qualità. Quello che sta facendo la crisi, insomma, è un grande setaccio, dove dentro rimangono le cose essenziali, vere. Il surplus viene gettato via, dove questo significa una certa pomposità dell’offerta, ma anche una ridondanza di prezzi che non fanno più al caso di un popolo di formiche che ha ricominciato a guardare i listini.

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