“Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto” (Dante – Inferno Canto terzo). Gli storici furono concordi nel ritenere che Dante si riferisse a Papa Celestino V, che di fronte alle ingerenze di Carlo D’Angiò nell’Impero ecclesiale si ritirò dalla carica di Papa. Molti eremi si devono a lui. Uomo di fervida fede e fervente amore a Dio, morì in isolamento coatto nel castello di Fumone. La sua vita fu in tutto dedita alla preghiera e all’osservanza della legge divina. Il suo nome deriva dal latino e porta dentro come significato Mandato dal cielo. Istituì un ordine detto dei celestini e se ne commemora la nascita al cielo il 19 Maggio, il giorno in cui a lui vengono dedicate svariate manifestazioni religiose.
Ma è il 28 e 29 di Agosto che viene celebrata in suo onore una tra le più conosciute rievocazioni a lui dedicata: quella che si svolge a L’Aquila e che viene ricordata con il nome della “Perdonanza”. Quando egli fu eletto fece emanare la bolla del perdono donando a tutti i credenti in Dio l’Indulgenza Plenaria; se si fossero confessati ed avessero visitato la Basilica di Santa Maria di Collemaggio, santuario in cui si celebrò l’insediamento del suo papato e in cui sono ancora oggi custodite le sue reliquie. Celestino V al secolo Pietro Angeleri o come lo chiamarono i suoi fedeli Pietro da Morrone, (ricordandone la vita eremitica sul Monte Morrone, presso Sulmona), era uomo timorato di Dio, cioè viveva seguendo gli insegnamenti della parola evangelica. Dopo la morte di Nicolò IV, avvenuta nel 1292 il Soglio Pontificio rimase vuoto per ben 27 mesi. Pietro da Morrone intanto viveva nel suo eremo dove incontrava la gente che lo andava a cercare per avere sollievo dello spirito. I suoi consigli arrivavano dritti al cuore e la sua fama raggiunse ben presto numerosi fedeli che vedevano in lui una fonte di speranza per i loro mali terreni. Ogni anno faceva quattro quaresime, i suoi seguaci divennero monaci ed oblati riconosciuti in un ordine da papa Urbano IV: “Fratelli dello spirito santo”, in seguito Celestini. Riservava alla preghiera tutti i lunedì e i mercoledì, mentre nei restanti giorni si dedicava a quelle persone che lo andavano a trovare. Pietro da Morrone aveva ottant’anni quando fu raggiunto dalla decisione del Conclave. Si racconta che San Celestino inviò una lettera al cardinale Latino Malabranca, incitandolo con veemenza a prendere una decisione sull’elezione del Papa, Dio se ne sarebbe altrimenti infuriato. Il Cardinale vide in quella lettera un segno dello Spirito Santo e in Conclave si decise di eleggere proprio questo prete taumaturgo che nessuno conosceva. Quando i messi del Conclave si recarono sui monti della Maiella per portare l’annunzio della decisione, trovarono in una grotta un vecchio emaciato e vestito di stracci, con ai piedi pelo di asino.
Questi entrò nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, come Gesù entrò a Gerusalemme prima della passione, in groppa ad un asino. La tradizione, come per molti altri personaggi storici, crea una trama tra realtà e leggenda, la tradizione orale riporta alcuni miracoli che sono stati attribuiti al Santo papa. Il miracolo del pane: si narra che la madre di Pietro avesse preparato della farina con del lievito per farne il giorno successivo un’infornata di pane, senza preoccuparsi che l’indomani sarebbe stata domenica e giorno da dedicare al Signore. La donna ripresa dal figlio, sulla questione di onorare il riposo domenicale per dedicarsi alla preghiera, si giustificò ma non tornò su suoi passi. L’indomani trovò la pasta non lievitata e piena di vermi, andò a svegliare il figlio e si mostrò pentita per non averlo ascoltato. Pietro le disse di tornare in cucina dove la donna trovò la pasta ben lievita e senza neanche un verme. Da quella farina venne fuori un pane dei più buoni che per giorni mantenne la morbidezza del primo giorno e poté essere gustato a lungo. Un altro fatto singolare è quello della Croce d’oro.
Rinchiuso in una celletta della rocca di Fumone, dopo il gran rifiuto, con le pareti ammuffite e angusta, il santo si ammalò ed il suo corpo si ricoprì di piaghe. La cella custodita da guardie non era mai persa di vista, tant’è che furono proprio le guardie che testimoniarono il fatto eccezionale che vi si manifestò: alla vigilia del 19 maggio 1296, sulla porta della cella comparve una Croce rilucente di oro che rimase per tutto il giorno sulla porta non permettendo a nessuno di penetrare nella cella. Quando l’indomani la Croce scomparve Celestino aveva esalato il suo ultimo respiro.