Oggi al Chiesa cattolica celebra Sant’Atanasio. Questi, nominato dottore delle chiesa, è stato il più celebre tra Vescovi che hanno preso sede ad Alessandria d’Egitto. Il suo mandato cominciò a partire dall’impero di Costantino, fino a quello di Valente. Fu un intrepido difensore della fede in Cristo risorto, contro l’eresia di Ario. Quest’ultimo, attribuiva alla sacre scritture, soltanto un ruolo di intermediazione, tra la divinità e l’uomo, essendo composte, di un materiale differente rispetto a quello di Dio, negando di fatto la santissima Trinità. S. Atanasio, condannato dagli Ariani, subì forti persecuzioni e fu più volte obbligato all’esilio. Nacque intorno al 294, ad Alessandria, in Egitto, in una famiglia di credenti Cristiani, che vollero per il proprio figlio un’ educazione classica. Si consacrò presto al servizio della Santa Chiesa, già in gioventù infatti fu discepolo di S. Antonio Abate, del quale scrisse anche la biografia. Il suo compito non fu affatto semplice: si trovò infatti a dirigere l’importante diocesi Egiziana in un periodo di forti tensioni. La chiesa Alessandrina era spaccata non soltanto dalla corrente degli Ariani, ma anche dallo scisma di Melezio di Licopoli. Durante le persecuzioni ordinate da Diocleziano, Melezio, approfittando della mancata presenza di Pietro di Alessandria, al tempo vescovo, si assunse il diritto di ordinare la sua arbitraria scomunica. Anche se deposto da un sinodo, vantava una grande parte del clero a sostegno del suo scisma. Da qui non passò molto tempo prima che iniziassero gli intrighi contro Atanasio, sia dei vescovi ariani, sia degli amici di Melezio. Più volte accusato di assassinio, furto, cospirazione, sempre riuscì a difendersi e sempre fu riabilitato. Non contenti, gli accusatori persuasero Ario, a approvare una formula di equivoca fede. Lo stesso Costantino se ne accontentò e impose a tutti i vescovi di riceverlo nella propria comunione. Il rifiuto, costò ad Atanasio l’esilio nella Gallia, dove rimase fino al 337, anno della morte dell’imperatore. Al ritorno incontrò nuovamente opposizione da gran parte del clero: un nuovo esilio, che affrontò per ben sei anni, la cui condanna fu annullata in seguito a Roma, per l’innocenza riconosciuta. Durante il soggiorno a Roma, ebbe modo di viaggiare molto, e diffuse nella chiesa latina la vita di monastero che si usava praticare in Egitto. Nel 345, ottenne dall’imperatore d’occidente il permesso di tornare nella sua sede, in patria, dopo che il vescovo intruso morì. Seguirono una decina di anni di relativa pace, durante la quale non solo scrisse diverse opere dogmatiche, ma si impegnò profondamente per la conciliazione. Dopo tre anni, aveva ottenuto la comunione con più di 400 vescovi, e attirato a lui moltissimi fedeli, segnando la disfatta per gli ariani. Ma alla morte di Costante, suo protettore, i suoi nemici, riuscirono a muovergli contro anche l’episcopato d’Occidente e quello di Milano. Lo sfortunato Vescovo, colmo di amarezza, decise di fuggire nel deserto, dove i monaci si presero cura di lui. Nella solitudine non smise di governare la sua chiesa e scrisse moltissimi discorsi contro gli Ariani. Tornò in sede solo nel 363, dopo la morte di Costanzo, del vescovo intruso Giorgio di Cappadocia, e l’incoronazione a Re, di Giuliano, che salito al potere, richiamò tutti i vescovi esiliati dal vecchio monarca.



 Per l’ennesima volta, nel 365 il Santo lasciò Alessandria, perseguitato da Valente, imperatore d’Oriente, mosso dalla sua amicizia con gli ariani. Passati solo 4 anni, ritornò, perché il popolo egiziano minacciava pesanti rivolte in tutto il paese. Il vescovo perseguitato non lasciò mai più la sua sede, fino al giorno della sua morte avvenuta il 2 maggio 373. Nel corso della sua vita ha difeso i detentori di vera fede, meritando a pieno titolo, l’appellativo di “padre dell’ortodossia”. I suoi scritti sono unilateralmente studiati e rinomati da tutte le correnti di pensiero. 

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