A quattro giorni dal terremoto che ha messo in ginocchio l’Emilia, «le scosse continuano, ma è tornato il sole». A Massa Finalese, frazione di quattromila abitanti, tra le più “famose” San Felice sul Panaro, Sant’Agostino e Finale Emilia, le persone hanno l’obbligo di guardare a tutto ciò che è positivo, in mezzo ai mille problemi che è impossibile ignorare.
È quello che sta accadendo a Vittorio Martinelli, che, insieme alla sua socia, Laura Maffei, ha deciso di non chiudere la  farmacia San Camillo, oggi punto di riferimento 24 ore su 24 per tutti quelli che hanno bisogno in Paese.
«Abbiamo attaccato domenica alle 6 – racconta Martinelli a IlSussidiario.net – e stiamo tenendo aperto sempre, facendo i turni con i nostri tre farmacisti. Per prima cosa abbiamo distribuito medicinali d’emergenza: ghiaccio istantaneo, disinfettanti, gocce di ansiolitici per chi accusava attacchi di panico. Poi pian piano si sono aggiunti i ragazzi della Croce Rossa di Sassuolo, che hanno installato una tenda da campo qui fuori, e molti volontari». Quelli, come si è visto tante altre volte in questo Paese, non sembrano mancare mai. «Il problema, piuttosto, è il coordinamento – prosegue Martinelli –. C’è un bar che sta tenendo aperto come noi, ma i cittadini di Massa non lo sanno. Per ora nessuno ha pensato di girare per la città con una macchina che dica a tutti dove trovare cibo, medicine, bagni chimici e un riparo. Purtroppo, molti anziani stanno dormendo in macchina…». È stata realizzata una tendopoli? «Sì, ma in molti hanno preferito arrangiarsi piuttosto che star lì a litigare. È triste da ammettere, ma c’è tensione e per non creare polemiche con gli extracomunitari qualcuno sta chiudendo gli occhi davanti a tante piccole ingiustizie. In questi casi viene fuori il bene e il male che c’è in ogni persona. C’è chi si sente parte di una comunità e chi invece pensa per sé…».
E lei, perché è rimasto e non ha chiuso? «Sinceramente, non mi sono neanche posto il problema, come non se l’è posto la mia socia e suo marito, che fa il medico. C’è bisogno qui e ci siam dati da fare subito, senza pensare di andare altrove. All’inizio correvamo come dei matti dentro e fuori dalla farmacia, calpestando tutto quello che c’era per terra. Adesso abbiamo potuto sistemare, anche perché lo stabile è stato dichiarato agibile. Come dicevo prima, ogni giorno se ne vedono di tutti i colori. La barista a cui abbiamo soccorso il figlio che aveva avuto una crisi di panico, ci porta la colazione alla mattina. 



C’è chi ti regala una coppa, un prosciutto o vuole fare due chiacchere. Un artigiano della zona è venuto addirittura qui con il trapano e gli attrezzi e mi ha sistemato alcune strutture pericolanti interne al locale. Queste sono le persone che fanno andare avanti il Paese. Poi ovviamente c’è anche chi stacca la corrente della Croce Rossa per caricare il cellulare…».
Secondo lei, adesso, di cosa c’è più bisogno? «Che chi deve sia presente in Paese, coordinando gli aiuti e dando una mano a chi non ce la sta facendo. Se le scosse sono finite e non torna a diluviare ce la faremo. L’importante è che qualcuno non si distragga troppo correndo dietro alle telecamere o, peggio ancora, a Mario Monti…».

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