Carissimo Scalfari,
Prima di scrivere l’editoriale con cui oggi si aprono le pagine di Repubblica avrebbe dovuto ascoltare quanto ha detto ieri il Papa, avrebbe dovuto piegarsi al suo dolore e sentire la forza della sua certezza. L’analisi che ci propone oggi degli ultimi pontificati da Pio XII a Benedetto XVI è un tentativo di interpretare la vita della Chiesa con logiche di potere puramente politico, come se la questione seria della Chiesa fosse di sopravvivere al mondo e non di portare dentro la storia ciò per cui Gesù l’ha posta e la sostiene, la proposta ad ogni uomo della via per trovare se stesso.
Non che, come lei sostiene, la Chiesa non soffra delle ferite a lei inferte da un potere sempre più subdolo e incombente, ma le energie di cui vive la Chiesa le sono date dalla presenza di Gesù, la sua affezione sempre appassionata e viva, capace di mantenere salda la sua dimora, e mentre tutto cospira per farla precipitare è più certo il suo procedere dentro la storia.
E’ grande il dolore del Papa di fronte al male che entra dentro le mura della casa del Signore, ancor più certo il suo cammino, perché, come ha detto ieri il Papa, sa che sulla vita della Chiesa è Gesù a vigilare, a renderla più certa di ciò che porta.
È questo che lei, nelle sue analisi, non prende in considerazione; del resto in questi difficili momenti la Chiesa è chiamata a verificare proprio questo, se la sua presenza nella storia si riduce a logiche di puro potere – e allora siamo vicini alla fine – oppure se ciò che fa vivere la Chiesa è Colui che le ha dato inizio e che oggi è in grado di darle un nuovo inizio. Nel dolore e nella certezza di Benedetto XVI c’è già questo nuovo inizio, è ciò di cui vive la Chiesa, è la presenza che sa portare il male per il bene di cui consiste.
Vi è una domanda che emerge dentro la scena del mondo, oggi portata a travolgere tutto con lo scandalo di chi tradisce, è la domanda sulla consistenza della vita, è la domanda che si legge tra le pagine del Vangelo, “che serve all’uomo conquistare il mondo intero, se alla fine perde se stesso?”: è questa la domanda che urge oggi, non le sue analisi, ma come poter ritrovare se stessi!
E la Chiesa porta questo dentro la storia la tenerezza per l’umano, la possibilità che Gesù apre ad ogni tornante del tempo di scoprire il punto che dà forza all’io.
Oggi è questo che la Chiesa ha da scoprire, dentro la bufera in cui sta passando. Diversamente da quanto lei pensa, essa ha un Papa che sa sorreggerla dentro questa dura sfida, un Papa che sa di che tenerezza è investita la vita dell’uomo, una tenerezza di cui viene vitalizzata ogni fibra dell’umano. E’ per questo che al posto della sua pessima conclusione – “Il pontificato lezioso andrà avanti finché potrà, poi non ci sarà il diluvio ma una pioggia da palude piena di rane, zanzare e qualche anitra selvatica. Quanto di peggio per tutti. ” – c’è invece un’altra cosa da dire, che la Chiesa sa già trarre dalla presenza di Chi la fa vivere il meglio che deve ancora venire, quella tenerezza per l’uomo che Cristo ha portato nel mondo e ha consegnato alla sua dimora perchè diventi sempre più appassionante e travolgente. Dentro le brutture del mondo è la bellezza di Cristo che la Chiesa porta ed è questa la sfida ancor più incalzante di oggi!