Nuova scosse hanno fatto tremare questa mattina e all’ora di pranzo tutto il nord Italia. Più colpita la zona di Modena con epicentro del sisma a Medolla e San Felice sul Panaro. Un nuovo sisma che oltre a causare morti, feriti e danneggiamenti alle abitazioni civili, ha pesantemente aggravato il bilancio dei danni ai beni culturali dell’Emilia. Sono collassate torri, orologi, rosoni di chiese in gran parte dei centri storici localizzati nella zona dell’epicentro.



Il ministero dei Beni culturali ha fatto sapere che nuovi crolli sono stati registrati a Finale Emilia, alla Torre di San Felice sul Panaro, al Duomo di Mirandola e alla torre del Castello di Finale Emilia, già gravemente danneggiata dopo la prima violenta scossa del 20 maggio. Collassati Palazzo Veneziani e la Torre dei Modenesi a Finale Emilia.  Anche una parte del duomo di Carpi è crollata in seguito al terremoto. E’ caduta anche la chiesa di Poggio Renatico e parzialmente crollata la chiesa di Rovereto sul Secchia, frazione di Novi di Modena: nel crollo è deceduto anche il parroco. Anche nel comune di San Possidonio, nel modenese, è crollato il campanile della Chiesa del comune. Già in tarda mattinata è iniziata la conta dei danni, che richiederà però dei giorni prima di essere definitiva.



“C’è un lavoro a dir poco colossale – dice a Il Sussidiario.net lo storico e critico dell’arte Philippe Daverio -. E’ un’emergenza nazionale, bisogna star a vedere se l’Italia ha la grinta per fare un’operazione di questo tipo”. Alla domanda se i Beni culturali avrebbero potuto limitare i danni, dedicando maggiore cura ai monumenti, Daverio non ha dubbi: “E’ una cretinata assoluta: sebbene gli italiani non spendano un soldo in questo frangente, il patrimonio artistico e culturale è fragilissimo ma vastissimo: non sarebbe stato possibile mettere al riparo nulla”.



L’ex assessore alla cultura del Comune di Milano rincara la dose: “Per il terremoto dell’Aquila non si è ancora iniziato a fare nulla, figuriamoci se si potevano prevedere interventi preventivi!”. In quanto tempo si potrà, dunque, parlare di ricostruzione e con quali fondi? “Dobbiamo chiedere aiuto all’Europa e al mondo occidentale – ribadisce Daverio -. Noi siamo la culla dell’Occidente ma non siamo in grado di garantire alcun intervento di ripristino dei monumenti danneggiati, per non parlare del ministero”.

Pensa ad una richiesta di fondi all’Unione europea? “Certo, ma non devono essere gestiti dall’Italia in prima persona; noi li butteremmo o li daremmo ai soliti “amici” o “parenti”. Occorre fare un appello vasto: L’Italia va salvata malgrado gli italiani”. Cosa sarebbe più opportuno, un commissariamento, una commissione speciale o altre soluzioni? “Se la commissione speciale – dice Daverio – è formata da italiani, preferisco due terremoti!”. Chi dovrebbe, quindi, gestire un ipotetico arrivo di fondi in Italia? “Decisamente la comunità europea, anche perché il nostro Paese non sarebbe in grado. Prima del terremoto, all’Aquila, c’erano solo quattro dipendenti alla Soprintendenza: non è il modo corretto di gestire un patrimonio così prezioso”.

Di parere opposto Vittorio Sgarbi, ferrarese, che crede fortemente nel recupero del patrimonio artistico, soprattutto nelle zone più colpite dalle scosse, a Mirabello, Finale Emilia e Sant’Agostino, trascurato dai fondi europei. “Il recupero non solo è possibile, ma è inevitabile. Occorre rimboccarsi le maniche. Fra l’altro in condizioni favorevoli, sperando che quello di oggi sia l’ultimo segno violento del terremoto, nell’arco di un mese quando tutto si sarà tranquillizzato si potrebbe partire con gli interventi di conservazione ai singoli monumenti che hanno patito i danni più gravi e restaurarli come se si facesse per ragioni indipendenti dal sisma”. “Se si riuscisse a partire già fra una quarantina di giorni con sette o otto cantieri – continua Sgarbi – nelle grandi città, per i monumenti principali, sarebbe perfetto. Ciò che sarebbe meglio evitare è fare come all’Aquila ed evacuare per anni i centri storici, invece di riuscire a ripopolarli”.

Una maggior cura avrebbe potuto evitare danni così ingenti? “Penso che dipenda più che altro dall’Unione europea che distribuisce soldi a pioggia per progetti assolutamente inutili, in particolare per fotovoltaico e rotatorie e altre cose grottesche, invece di consolidare i monumenti. L’Italia non è la Finlandia o la Danimarca e si non si capisce perché si ricorre a norme che sono uguali ovunque, dando soldi ai comuni, ad esempio, da destinare alla viabilità che non è certo la priorità per luoghi come questi”.

Nessuna responsabilità del governo italiano? “I beni artistici in Italia sono davvero troppi e il ministero non possiede un ammontare di fondi per occuparsi di tutti. Ripeto è l’Europa che dovrebbe avere un occhio di riguardo e mettere in sicurezza i beni italiani”. A chi dovrebbe essere affidata la ricostruzione? “Sicuramente a un commissario speciale che avrebbe i poteri necessari per lavorare al meglio: scegliere con cura le ditte più adatte ai restauri e coordinare il tutto”. Sul nome l’ex ministro dei Beni culturali non ha alcuna esitazione. “Bertolaso sarebbe perfetto. Peccato che l’abbiamo azzoppato in quel modo”.

(Federica Ghizzardi)

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