Di Chiara e Gloria ho presente i volti, così belli, solari intensi. Così diversi. Magro, lineamenti perfetti, incorniciato da lunghi capelli castani, quel di Chiara. Più paffuto, sotto il bruno caschetto sbarazzino, roseo, quello di Gloria. Due ragazze di 28 anni, due mamme. Le cui storie arrivano come frescura in questi giorni afosi di giugno, pesanti di crisi, di tragedie, di piccole fatiche quotidiane, perché è finito un anno pesante, le vacanze chissà, i figli, e insomma, è un tempo in cui tirare le fila. Invece i fili della loro vita Gloria e Chiara non li hanno tirati da sé. Gloria è affetta da quando è nata da tetraparesi spastica, una patologia seguita a un parto travagliato. Essere diventata mamma è un miracolo, oltre che un raro successo della scienza, il frutto di un amore profondo tra lei e suo marito, di un’équipe d’eccellenza, quella dell’ospedale di Abano Terme, soprattutto eccellente in umanità; e della volontà infinita di questa donnina che accetta serenamente la sua condizione, e per questo la travalica, e vince; perchè, spiega, non è sola, ha una famiglia solida che la sostiene, e ora avrà la sua bambina, che sa bene quanti limiti ha la sua mamma (chi di noi ne ha tanta coscienza?). E certo si darà da fare per aiutarla. Pensiamo alle reazioni normali, alle chiacchiere di strada: che incoscienti, quei due, mettere al mondo un figlio che vedrà sempre e solo la madre in carrozzina, era proprio il caso, ce la farà a seguirlo? Mentre Gloria e il papà pensano di dare alla piccola un fratellino. Guardate il video dell’intervista, cercate sotto Gloria Bellingegni, ritagliatevi questi dieci minuti. E’ questione di prospettiva, di posizione umana. Una ristretta, riduttiva, asfittica. Una spalancata alla vita, alle sue infinite possibilità.
Chiara invece non c’è più. Se né andata mercoledì scorso, e nella sua parrocchia di Santa Francesca Romana c’era tanta, tantissima gente, e tutti se ne sono tornati a casa con la commozione in cuore e una piantina da far crescere a casa, come la speranza che ha sorretto e portato in cielo questa donna minuta, tenace come una quercia di secoli. Chiara è stata mamma tre volte: Maria, la primogenita, è vissuta solo tre ore. Davide, il secondo, poco di più: il tempo di essere abbracciato, battezzato, accompagnato a entrare tra gli angeli. Così, quando è rimasta incinta di Francesco, e ha saputo che un tumore maligno le rodeva il corpo, Chiara ha fatto come prima, come sempre: ha detto sì alla vita, e non si è fatta curare, finchè non ha portato a termine la gravidanza. Come Gianna Beretta Molla.
E come Gianna le cure tardive non l’hanno salvata, o forse morendo ha dato a noi una possibilità di salvezza, perché se n’è andata cosciente, serena, di più, felice, e sono parole sue: “…forse la guarigione in fondo non la voglio, un marito felice e un bambino sereno senza la mamma rappresentano una testimonianza più grande rispetto ad una donna che ha superato una malattia. Una testimonianza che potrebbe salvare tante persone…“. Impossibile, ragionando col senso comune. Tornano, anche se più sommesse, davanti a una bara, davanti al volto luminoso che rimbalza da facebook, dai passa parola in rete che lo ripropongono ad ogni minuto, perché il bene contagia, non può tacere. Chiacchiere solite, eppure così ragionevoli: ma perché mai, che bisogno c’era, e adesso, quel bambino senza madre, che eroismo sciocco, non si può essere normali… Chiara e suo marito hanno mostrato una ragione più grande, e la normalità della santità. Anche qui, un’altra prospettiva. O io faccio da me la mia vita, e quella dei miei figli, o la mia consistenza è in un Altro. Che della vita è custode, e la fa durare in eterno.