Il presidente Giorgio Napolitano è intervenuto pubblicamente per rispondere alle polemiche giornalistiche che lo hanno coinvolto nella vicenda sulla trattativa Stato-mafia. Alcuni quotidiani avevano pubblicato le intercettazioni delle telefonate tra Nicola Mancino, uno degli imputati, e Loris D’Ambrosio, consigliere giuridico del Quirinale. Secondo Mancino, le tre Procure che indagano sul caso sarebbero state prive di reciproco coordinamento. Napolitano aveva scritto una lettera al Procuratore Generale della Cassazione, per chiedergli di verificare se effettivamente esistesse questo rischio. Dopo la pubblicazione delle intercettazioni, Napolitano è intervenuto sulla vicenda: “In questi giorni è stata alimentata una campagna di insinuazioni e sospetti sul presidente della Repubblica e sui suoi collaboratori costruita sul nulla”. Ilsussidiario.net ha intervistato il penalista Carlo Federico Grosso, che nella sua lunga carriera è stato avvocato nel processo per la strage di Bologna e difensore di Annamaria Franzoni al processo di Cogne.
Avvocato Grosso, che cosa ne pensa dell’uscita di Napolitano?
Sono assolutamente d’accordo con lui. Il presidente ha assunto, secondo quanto ho avuto modo di verificare e leggere, un’iniziativa che secondo la valutazione, non solo mia ma di moltissimi giuristi, costituiva un’attività assolutamente legittima. Era stato fatto presente al Capo dello Stato che le Procure che si occupavano della questione trattativa non erano perfettamente allineate. A questo punto Napolitano ha scritto al Procuratore Generale una lettera in cui lo sollecitava a esercitare il potere di controllo sulle attività di tutte le Procure della Repubblica del Paese.
A che titolo Napolitano si è inserito nelle indagini sulla trattativa?
La sua iniziativa rientra evidentemente nei compiti di controllo istituzionale che spettano alla presidenza della Repubblica. Né Napolitano né il Procuratore generale della Cassazione del resto hanno esercitato in alcun modo pressioni sulle Procure. Si tratta di un iter espressamente previsto e che può essere attivato da alcune delle massime istituzioni dello Stato.
Ma è davvero necessario che le indagini sulla trattativa Stato-mafia siano svolte da tre Procure diverse?
Ciascuna lavora sui fatti avvenuti nel territorio di sua competenza. Dato che l’oggetto è lo stesso, in quanto si tratta di fenomeni tra loro in qualche modo collegati, è necessario che si instauri un coordinamento tra le Procure in modo da evitare perdite di tempo o decisioni nettamente contrastanti. Il rischio infatti è che affiorino elementi conosciuti da una sola Procura e ignoti alle altre due.
Come si può evitare che ciò avvenga?
Alcuni anni fa, proprio per evitare che ci fossero attività d’indagine scollegate tra loro su fatti analoghi, si è previsto di dare vita alle cosiddette “indagini collegate”. Quando più procure stanno compiendo indagini su fonti di fenomeno unitario o comunque che presentano delle analogie o dei collegamenti, si impone un coordinamento delle attività. Diventa cioè obbligatorio un passaggio di notizie e uno scambio di valutazioni. Poi ciascuna Procura sarà libera di prendere decisioni autonome, però sulla base di un patrimonio comune di conoscenze.
Ritiene che le “indagini collegate” siano necessarie anche in questo caso?
In questa vicenda si sta indagando su fenomeni di straordinaria importanza, si parla addirittura dell’esistenza di una trattativa tra lo Stato e l’organizzazione mafiosa. E’ quindi particolarmente importante che ci sia un collegamento effettivo tra le Procure.
Di fronte alla richiesta del Procuratore Generale della Consulta, il Procuratore Antimafia Piero Grasso ha replicato che non si correvano rischi di mancato coordinamento …
Se Grasso ha fatto questa valutazione, evidentemente si è basato su una conoscenza specifica e diretta e le cose staranno quindi sicuramente così. Ricordo però che il Procuratore Generale della Cassazione, in base a quanto stabilisce una legge sull’ordinamento giudiziario, ha il potere di sorveglianza anche nei confronti del Procuratore Antimafia. Se c’è stato quindi qualche intervento, si è trattato di un’iniziativa che ha rispettato fino in fondo la legge.
Alcuni predecessori di Napolitano sarebbero stati a conoscenza della trattativa Stato-mafia. La presidenza della Repubblica è un arbitro imparziale o un attore coinvolto nella vicenda?
Un conto è l’istituzione astratta, cioè la presidenza della Repubblica, che evidentemente ha una sua continuità. Altra cosa sono le diverse persone fisiche che interpretano il ruolo di presidente. Qualunque presidente della Repubblica è quindi imparziale. Anche ammesso che possa essere stato coinvolto un predecessore di Napolitano, questo non preclude alla presidenza della Repubblica di assumere iniziative che le competono. Restano quindi intatte le prerogative di alto monitoraggio e alta sorveglianza sul corretto funzionamento di tutte le istituzioni dello Stato.
(Pietro Vernizzi)