Il 28 giugno viene celebrata un’importante figura per la dottrina cattolica e ortodossa: Sant’Ireneo di Lione, vescovo e martire, considerato uno dei Padri della Chiesa. Ireneo nacque nel 130 circa a Smirne nell’attuale Turchia in una agiata famiglia cristiana e fu un discepolo di San Policarpo che, a sua volta, lo era stato di Giovanni l’Evangelista. Ebbe anche stretti contatti con San Papia, vescovo di Hierapolis e San Militone vescovo di Sardi. Egli ebbe modo di ascoltare parole veritiere e molto fedeli a quello che erano l’insegnamento di Cristo e poté costruirsi una solida formazione per quel che riguardava religione, teologia e filosofia. In un anno imprecisato scelse, con altri missionari, di evangelizzare le zone della Gallia e per questo motivo si recò a Lugdunum (l’attuale Lione) dove fu accolto dal vescovo della città, Potino e dove portò il Verbo anche nell’area alpina francese. Tra il 177 e il 178 scampò alla persecuzione dell’imperatore Marco Aurelio e invece di dimostrarsi impaurito per il pericolo corso, la sua preoccupazione fu quella di portare pace tra le diverse comunità cristiane turbate dalla nascita dei primi movimenti eretici. In Frigia (regione dell’Asia Minore), un tal Mentano predicava rigore e austerità assoluti, digiuni e martirio e numerosi erano gli scontri tra i suoi seguaci e i fedeli che avevano una visione meno severa della religiosità. Ireneo scrisse allora due lettere, una indirizzata al papa San Vittore e l’altra alle comunità dell’Asia affinché si adoperassero per un ritorno alla pace. Egli stesso si incaricò di consegnarle affrontando un lungo viaggio e, al suo ritorno a Lione, venne nominato vescovo al posto del defunto Potino. Avendo avuto un insegnamento che gli derivava indirettamente da uno dei discepoli di Gesù, si adoperò sempre a combattere le eresie, ma con le armi della pace, come quando nel 190 riprese vigore la disputa sui festeggiamenti pasquali. Le comunità cristiane asiatiche celebravano la resurrezione nella stessa data della Pasqua ebraica, il 14 del mese di Nisan, mentre quelle seguaci di Roma alla domenica successiva; il Papa Vittore scomunicò gli orientali, ma intervenne Ireneo. “Non esiste Dio senza bontà” scrisse al Pontefice facendogli intuire che le misure adottate erano eccessive. La scomunica venne tolta e tutti accettarono i dettami romani.
Il vescovo di Lione si impegnò anche profondamente contro lo gnosticismo, corrente di idee che identificava un Dio terreno e uno spirituale. Diversi suoi scritti furono proprio indirizzati ai seguaci di questa ideologia a cui egli con pazienza cercò di spiegare gli errori offrendo loro una conversione. Secondo quanto tramandato da San Gerolamo, Ireneo trovò la morte durante una persecuzione dell’imperatore Settimio Severo nel 202 o 203 che vide lo sterminio dei cristiani di Gallia. Le sue spoglie furono poi deposte nell’antica chiesa di San Giovanni che venne in seguito dedicata a Ireneo, ma durante le lotte religiose che infiammarono la Francia nel XVI secolo gli ugonotti le dispersero. Ireneo ha lasciato molti scritti che possono essere intesi come una vera e propria sintesi globale della religione fondata da Cristo, si ricordano “Adversus haereses” (contro le eresie) in cui il santo confuta i principi sui quali si basava lo gnosticismo e “Demonstratio apostolicae praedicationis” (dimostrazione della predicazione apostolica) dove espone i principi base della fede.