Ho condiviso le osservazioni di Augusto Lodolini circa il “forzato” matrimonio di Vasco Rossi (che cognome conformista per uno che vuole apparire anticonformista a tutti i costi, anche in barba alle evidenze più indiscutibili di ogni sana esperienza umana). Oramai, in Italia, ogni giorno si fa vivo un cattivo maestro che vuole cambiare il mondo. Non solo gli intellettuali (gli scribi del Vangelo) che si sono auto assunti questa nobile missione peraltro non richiesta da nessuno (vedasi i vari redattori del Fatto Quotidiano, i moralisti di Repubblica, di Micromega, etc.). Ma ora anche comici, frombolieri, attori, showman, cantanti, etc. Vorrei fare due osservazioni, una pratica e una di principio ideale. Stando al pratico, il sig. Rossi, invece di metterla giù tanto dura, bastava che andasse da un qualsiasi avvocato o commercialista (anche non di primo piano, visto che mi pare anche che abbia il braccino corto: niente regali, niente festeggiamenti).



Infatti, un qualsiasi professionista gli avrebbe mostrato come redigere un testamento a favore della sua amata, come sottoscrivere contratti che avrebbero tutelato sia la compagna che i figli, come assicurare a tutte la persone a cui vuole bene le garanzie e le sicurezze necessarie, evitando così ciò che è successo al compagno di Lucio Dalla. In altre parole, il codice civile vigente già prevede la possibilità di regolare le materie a cui ho accennato senza bisogno di chiedere pseudo rivoluzioni che annullerebbero migliaia di anni di grande civiltà umana, prima ancora che cristiana. Sappia, infatti, il sig. Rossi che la famiglia è stata regolata da tutte le grandi civiltà giuridiche: questa semplice conoscenza gli avrebbe evitato di dover citare a vanvera il Vaticano, anche in questo caso cadendo in un conformismo pazzesco.



Sul piano del principio, la cosa si fa ancora più seria, perché, in pratica, il sig. Rossi vede come una sorta di infernale maledizione la sola ipotesi che due persone possano amarsi per sempre. La maggioranza degli italiani, malgrado tutto, rimane fedele al proprio impegno matrimoniale non sulla base di un contratto, ma sulla base di un amore che si rinnova giorno per giorno e che, anche attraverso le difficoltà, riesce a rispettare la propria libertà e la libertà dell’altro. 

Il matrimonio, infatti, nasce da un reciproco atto di libertà, che si sviluppa e diventa vero amore con la pratica fedele di questa libertà.  Caro sig. Rossi, checché tu ne canti, la vita ha un senso e questo senso lo si percepisce nell’esercizio di una fedele coltivazione dell’amore. L’amore non è andarsene quando sei stufo (questo lo fanno anche le bestioline), ma  rianimare continuamente la propria libertà per dire sì all’altro, non solo di fronte a sé stessi, ma anche di fronte a tutti. Altrimenti, caro Rossi, adesso cosa ti accadrà? Non amerai più la tua compagna perché le hai promesso un amore per sempre? Non ci credo. E perché vuoi che sia regolata la coppia di fatto? Di fatto, non sarebbe la stessa cosa? In realtà, non è la stessa cosa, perché è come lasciare sempre pronta la valigia per andartene. Caro Rossi, sei vuoi essere veramente anticonformista, scrivi una canzone sulla bellezza della fedeltà nel matrimonio.