E’ da poco uscito il rapporto “Every woman’s right”, dell’associazione Save the Children che ha per sottotitolo: “Come la pianificazione familiare salva la vita dei bambini”, e si tiene in questi giorni a Londra il summit mondiale sulla pianificazione familiare. Il rapporto è centrato sul rischio di avere un figlio nell’età dell’adolescenza, in cui a livello mondiale aumenta la mortalità materna e infantile se si fanno i figli quando l’organismo o l’ambiente non è pronto. Un lettore potrebbe equivocare a questo punto, e non rendersi conto che in pratica tutto il rapporto è centrato quasi esclusivamente sui Paesi in via di sviluppo. Si trovano casistiche riferite ad Etiopia, Kenia o Malawi, Paesi in cui le carenze economiche e sociali fanno sì che purtroppo quello che da noi è solo un rischio, lì per mancanza di mezzi e per la violenza (che non trova spesso argini) diventi dramma. Il Center For Disease Control Statunitense invece spiega che in Occidente le gravidanze adolescenziali sono in calo già da qualche anno, e che da noi non mettono a rischio in pratica mai la vita della madre, ma semmai il suo successo scolastico, cosa comunque da non sottovalutare.
Il Rapporto di StC indica un problema reale e invita tutti noi a cercare per l’Africa soluzioni serie, profonde e lontane dall’egoismo Occidentale (che vengono prima della propaganda alla contraccezione); ma attenti a non assommare l’allarme africano alla messe di pubblicità, di giornali e giornaletti che in Europa e USA fanno le lodi all’idea ormai sovrana di fare figli “solo quando tutto è a posto”, cioè dopo i 30 anni (ma vista la crisi, ora c’è da rifare i conti)… come se il problema delle gravidanze adolescenziali avesse in Occidente lo stesso peso che in Africa. Già, da noi si invita a rimandare, e rimandare sempre di più; mentre nessuno dice che col tempo, i figli non arrivano più, neanche con la decantata fecondazione in vitro. A 18-20 anni la possibilità di avere un figlio dopo rapporti in un ciclo è del 30%, basta passare tra 20 e 25 anni che la percentuale scende al 18% (C. Bellieni. N.Marchettini: “Una gravidanza ecologica”); pensate cosa avviene se ci si prova dopo i 35 come avviene sempre più spesso; ma su questo nessuno mette in guardia, così come nessuno mette in guardia contro gli altri rischi delle gravidanze rimandate: aborti spontanei, gravidanze ectopiche, gemellarità in alto numero, prematurità, e anomalie genetiche.
E’ come se si reclamasse sempre e solo il diritto a non avere figli e mai il diritto ad averli. Attenti certo al problema africano che merita un approccio complesso, multidisciplinare, politico ed economico (forse nel quadro della mondializzazione fa comodo che ci siano Paesi in cui la manodopera costa nulla perché per nulla o quasi per nulla garantita); ma il problema europeo è invece che i figli proprio non si fanno più: se ne fa uno solo (una sorta di figlio unico di stato), e solo dopo i trenta (quando si riesce ad averlo).
Insomma: i giornali fanno bene a parlare dell’Africa (ma ne dovrebbero parlare anche per i problemi meno politically correct, come malaria, tubercolosi e le cento guerre che nessuno ci racconta); ma perché non parlano anche di Europa sugli stessi temi, sulle gravidanze delle adolescenti (tabù dei tabù) e su quelle delle quarantenni (con i rischi che fanno correre, ma che sono così di moda)?
Già: è così pericolosa per la donna in Occidente una gravidanza adolescenziale? Certo non è comune, e certo si dibatte tra le occhiate di riprovazione (è il tabù dei nostri giorni, come un tempo lo era mostrare le gambe in pubblico). Ma se ne può venire a capo bene. Certo non vogliamo invogliare a cercarsele; ma una volta che si è incinte… è davvero l’aborto l’unica soluzione? Guardate un po’ di sana TV, per capirci qualcosa: mi riferisco alle trasmissioni sulle gravidanze delle adolescenti, fatte da gente che sa il suo mestiere e molto viste dai ragazzi; per esempio “Sixteen and pregnant”, “Teen moms”, “La vita segreta di una teenager americana”, e alcune puntate delle TMC News. Viene fuori un quadro che ben descrive la bellezza di essere mamma da molto giovane e anche le fatiche e i pregiudizi in una società europea che, anche se ha vinto la mortalità materna, lo scoraggia come fosse una nuova forma di lebbra: se resti incinta da giovane, la morale comune vuole che tu abortisca; non è vero? Viviamo in una società che ti insegna tutto a proprio tutto su come non avere figli ma niente ma proprio niente su come averli. E mentre ti inculca il bisogno di avere rapporti sessuali da giovanissimi, ti inculca anche l’idea che “quel bambino, semmai ci fosse, non ha da nascere”. Il sito della ONG “Do something”, dedicata al supporto degli adolescenti mostra che la precocità all’approccio sessuale è più dovuta a pressioni esterne (se non lo faccio mi sento inferiore, insomma), piuttosto che ad un bisogno proprio.
Ovvio: attenti al sesso facile dei ragazzini; ma mentre sono ancora tanti i mali che colpiscono i Paesi poveri, nell’Occidente ricco e annoiato la priorità che viene inculcata ai ragazzi è continuare a consumare e comprare: comprare videogiochi e vestiti griffati e cancellare con l’acido muriatico dalla mente l’idea di crescere e avere figli, come se fossero dei poveri fessi che non sanno prendersi responsabilità e far famiglia; che devono continuare a mangiare merendine preconfezionate e “bere” ragionamenti preconfezionati invece di mangiare sana frutta o sano prosciutto e costruire da sé i propri pensieri e i propri passatempi… Ma vestiti alla moda, moto potenti, discoteche costose… cose che con un figlio verrebbero a diminuire, cioè meno oggetti di lusso, meno beni da single… i mercati non ne gioirebbero. Ma siamo certi che siano i nostri giovani a non voler diventare genitori a vent’anni – come facevano i loro nonni senza nessun rammarico – o lo vogliono i mercati?