In un caso che ha ben pochi precedenti, il Capo dello Stato è sceso in contrasto diretto con la Procura di Palermo che sta indagando sulla presunta trattativa Stato-mafia. Lunedì 16 luglio, infatti, Giorgio Napolitano ha firmato un decreto con cui affida all’avvocatura di Stato l’incarico di sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Il caso è noto: gli inquirenti sono venuti in possesso di alcune telefonate fra l’ex ministro Mancino, indagato nel caso della trattativa Stato-mafia, e il consigliere del Presidente della Repubblica per gli affari giuridici. Ci sarebbero anche un paio di telefonate in cui è coinvolto direttamente Napolitano. Secondo prassi, tali telefonate (che sono anche state pubblicate su diversi giornali), da distruggere perché ledono le prerogative istituzionali, invece sono ancora in mano alla Procura. IlSussidiario.net ha chiesto a Gaetano Savatteri, giornalista, una opinione sul caso. «La domanda da farsi», ha affermato Savatteri, «è se si vuole a tutti i costi la verità o se si vuole soltanto preservare un equilibrio di potere e di relazioni dentro le quali in passato ci sono state anche relazioni oscure. Inevitabile che, vista la posta in gioco, si finisca anche per lambire il Quirinale».



Savatteri, sono state realmente toccate le prerogative istituzionali del Quirinale, come lamenta il Capo dello Stato?

Ci sono in ballo due aspetti ben precisi. Uno, il primo, è quello della trattativa Stato-mafia sulla quale ci sono delle indagini in corso e ci sono anche dei pezzi di verità che mancano. Poi ci sono le procure come quella di Palermo, che stanno cercando di addivenire a delle verità ed è evidente che in questa situazione il Quirinale ha ritenuto che fossero state toccate le proprie prerogative costituzionali. Bisogna però chiarire che dietro a tutto c’è una vicenda molto caratteristica della storia italiana, caratteristica proprio perché non è la prima volta che pezzi della mafia e pezzi dello Stato sono stati in contatto, con relazioni e rapporti ad altissimi livelli. È caratteristica della mafia avere contatti con la società civile, ma anche con lo Stato e con le istituzioni.



Come pensa evolveranno queste indagini?

Personalmente credo che nonostante lo sforzo di molte procure il processo penale non riuscirà a dare risposte soddisfacenti per arrivare a verità che appartengono già alla storia e che probabilmente resteranno, come in molti altri analoghi casi, insolute.

Torniamo all’iniziativa di Napolitano. Si riapre anche l’annosa questione delle intercettazioni, e c’è chi dice che toccando anche il Quirinale ormai non ci sia più limite alcuno

È evidente che se si fa un’indagine su una trattativa tra Stato e mafia dove, secondo le ipotesi avanzate, chi ha trattato sono ministri, funzionari, vertici delle forze dell’ordine, tali indagini non possono che lambire anche i vertici dello Stato. Capisco la delicatezza della posizione del Quirinale, che è una figura terza in questo scenario e che si preoccupa vengano preservate le sue funzioni. Ma il conflitto di poteri si solleva proprio per questo motivo: la Procura vuole indagare su una trattativa che sarebbe avvenuta ai massimi livelli e deve perciò toccare questi livelli; dall’altra parte il Quirinale, che ritiene lese le sue prerogative, dice: io adesso voglio capire fino a che punto si può arrivare. Il gioco è questo. Il  conflitto di poteri tra organi dello Stato si apre proprio perché ci sono in ballo da una parte le prerogative di alcune cariche istituzionali, e, dall’altra, un processo di verità. Non è un caso, la verità purtroppo ha dei costi. La domanda da farsi è: questo Paese vuole a tutti i costi la verità o vuole preservare un equilibrio di potere e di relazioni dentro i quali in passato ci sono state anche relazioni oscure?



A proposito delle telefonate intercettate, lei che idea si è fatto delle richieste dell’ex ministro Mancino?

La cosa che sappiamo è che c’è qualcuno che sa delle cose, qualcuno che è stato nelle stanze dei bottoni dove si prendevano decisioni e che dice parzialmente le cose che sa. Forse lo fa per proteggere qualcuno o per una presunta “ragione di Stato”. Ma di fronte al fatto che ci sono persone dello Stato che sono state uccise dalla mafia e che lo Stato mandava al massacro e che contemporaneamente c’era lo stesso Stato che contrattava con i loro assassini, ecco ancora una volta credo sia necessario che qualcuno faccia un passo avanti. Lo deve fare proprio per preservare il Quirinale ed eliminare questo conflitto di poteri in corso. E deve dire quello che sa. Sono elementi penalmente rilevanti, ma importanti per raccontare la storia recente di un Paese, il nostro.