Siamo arrivati al ventennale della Strage di Via D’Amelio, celebratosi ieri, e ancora non è stata fatta pienamente chiarezza sulla trattativa Stato mafia. Trattativa presunta, a dire il vero. Anche se il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, valuta l’aggettivo del tutto inappropriatoLa trattativa «c’è stata ed e’ stata reale», ha dichiarato, aggiungendo:«Non mi sembra di poter assolutamente concordare con quelli che parlano di presunta trattativa». Il presidente del Consiglio superiore della magistratura, ovvero il capo dello Stato, non la pensa allo stesso modo; e, ieri, ha chiesto di fare, finalmente e una volta per tute, chiarezza. Lasciando, quindi, intendere che le vicende di quegli anni – la negoziazione sarebbe avvenuta nella stagione delle stragi mafiose, tra il ’92 e il ’93 – siano tutt’altro che venute del tutto a galla. Nel frattempo, a complicare il quadro, arriva l’apertura un altro filone d’inchiesta, che vede indagato Marcello Dell’Utri per estorsione nei confronti di Berlusconi per una cifra pari a 40 milioni di euro. La mafia – secondo le ipotesi al vaglio dei pm – avrebbe dato protezione all’ex premier attraverso dell’Utri che, in futuro, lo avrebbe ricattato per non rivelare una tale verità. Abbiamo chiesto a Roberto Chiarini, professore di Storia contemporanea alla Statale di Milano di aiutarci a comprendere cosa avvenne effettivamente.



Anzitutto, lei è d’accordo con Messineo?

Credo, anzitutto, che un magistrato dovrebbe perseguire dei reati invece che emettere sentenze storiche o giudicare atti politici. Tali atti, caso mai, devono essere giudicati dalla storia, dall’opinione pubblica, e dalla stampa. Solo dopo che l’accertamento avrà avuto luogo, e si sarà compreso in che termini la trattativa è avvenuta – se è avvenuta – sarà possibile comprendere se si sia trattato di un reato. Solo ad allora, quindi, essa diventerà potrà diventare oggetto di un’indagine.



Le pensa che si sia trattato di un atto politico?

Se si è negoziato per identificare le cupole, scoprirne e arrestarne gli appartenenti o per scongiurare stragi già messe a punto, sì. Ciò che conta è che l’operazione sia scattata per un’effettiva ragion di Stato e non per gli obiettivi personali delle persone coinvolte. Fino a quando tutto ciò non sarà dimostrato, tuttavia, non sussiste alcuna notizia di reato ma una semplice ipotesi di giudizio politico.

Il suo qual è?

Laddove lo Stato avesse deciso di fare delle concessioni alla mafia perché, nei suoi confronti, si era sentito inerme e impotente, saremmo di fronte ad una resa; si tratterebbe di una colpa storica e politica gravissima. Se, invece, fu il modo per stabilire un interlocuzione finalizzata, in ultima analisi, a smantellare la criminalità organizzata, fu un atto legittimo.



Personalmente, in ogni caso, pensa che la trattativa ci sia stata o no?

Personalmente, credo di sì. Ad oggi, tuttavia, non abbiamo ancora dati certi e concreti per poterlo affermare con sicurezza.

Cosa crede che, ad oggi, abbia impedito l’accertamento della verità?

Vede, non tutti ricordano il clima politico e il sentimento diffuso che dominava nel tra il l’92 e il ’93; si temeva che lo Stato potesse crollare da una momento all’altro sotto i colpi della mafia e che l’ordine pubblico potesse implodere. Chi, allora, avesse adottato scelte politiche comprensibili solamente secondo i parametri e il clima di quella fase, sa benissimo che, oggi, susciterebbe solamente scandalo e censura.

Le risulta che negli altri Paesi democratici si sia mai arrivati a compromessi analoghi?

Mi risulta che non esista democrazia che non abbia segreti coperti dalla ragione di Stato. In America, i dossier più caldi vengono desecretati dopo decenni. Ad oggi, ancora non sappiamo chi fosse il mandante dell’uccisione di Kennedy.  

Che ruolo potrebbe aver avuto quella stagione nella transizione alla seconda Repubblica?

Di sicuro, vi fu una delegittimazione tale del sistema politico che si concluse con la sua implosione.  

Come si è evoluta la magistratura in seguito a quella fase?

Ha colmato un vuoto di potere. Iniziando a non chiudere più gli occhi sulle stesse tangenti che, fino a pochi mesi prima, erano state cinicamente considerate un costo della politica.

Crede che Dell’Utri e Berlusconi realmente possano avere qualcosa a che fare con la trattativa?

Berlusconi, già in passato, da semplice persona informata dei fatti è stato trasformato in imputato. La coincidenza delle indagini con la sua ridiscesa in campo fa nascere qualche sospetto circa la genuinità dell’inchiesta.