È di almeno 15 morti e circa cinquanta feriti il bilancio della sparatoria avvenuta a Denver, in Colorado, durante la prima cinematografica di The Dark Knight Rises, il nuovo e ultimo capitolo della saga di Batman. Il killer, un ragazzo di appena vent’anni, è entrato nel cinema 16th Century Movie Theater vestito di nero, con giubbotto antiproiettile, casco, occhialoni e maschera antigas, e ha cominciato a sparare sulla folla con le due pistole e il fucile di cui era armato. Tra le vittime anche due bambine, una colpita al volto, l’altra allo stomaco. Dopo l’arrivo della polizia, il ragazzo si è lasciato arrestare senza opporre resistenza, riferendo agli agenti di essere in possesso anche di esplosivi all’interno del proprio appartamento. La strage è avvenuta poco dopo la mezzanotte all’interno della sala 9 del cinema multisala americano: inizialmente il pubblico pensava si trattasse di spari nel film, ma presto si è scatenato il panico. Alcuni testimoni, inoltre, hanno riferito che il killer indossava gli stessi vestiti di Bane, il personaggio dotato di forza sovrumana antagonista di Batman nel film e nei fumetti. L’Fbi per il momento esclude legami con il terrorismo ma si sta valutando l’ipotesi di alzare il livello di allarme per la sicurezza nazionale. La strage di oggi fa inevitabilmente tornare alla memoria quanto accaduto tredici anni fa a Columbine, a 30 chilometri da Denver, quando due ragazzi aprirono il fuoco contro gli studenti di una scuola superiore, uccidendo 13 persone.
Secondo il professore Alessandro Meluzzi, contattato da IlSussidiario.net, «quella dello stragista sistematico è una figura molto studiata dalla criminologia. Solitamente si tratta di un soggetto che nel corso della propria vita ha mantenuto comportamenti assolutamente normali, caratterizzati da una personalità meticolosa e ripetitiva. Allo stesso tempo si sviluppa però una sottostruttura di tipo paranoico che stabilisce una sorta di rifiuto e di aggressività nei confronti della realtà per lungo tempo compensati. Questi atteggiamenti a un certo punto esplodono e danno luogo a questo tipo di situazioni che in America sono particolarmente accentuate dal fatto che, sia da un punto di vista pratico che simbolico, quasi ogni tipo di arma può essere comprata e collezionata». Meluzzi spiega quindi che il passaggio dal collezionismo simbolico di armi al suo utilizzo è più facile di quanto non accada negli altri Paesi: «Anche dal punto di vista mentale, è la stessa disponibilità dello strumento a risultare fondamentale, quindi anche il fatto di potersi esercitare con frequenza e avere una sorta di atteggiamento ludico e aggressivo nello stesso tempo».
Ma cosa può spingere un uomo ad aprire il fuoco su una folla e a uccidere chiunque gli capiti a tiro, tra cui numerosi bambini? «Un rifiuto totale e un risentimento profondo nei confronti dell’umanità nel suo complesso – afferma Meluzzi -. In questo senso non c’è quindi distinzione tra bambini, adulti, uomini o donne, perché è l’umanità intera a essere diventata, agli occhi del killer, aliena, estranea, pericolosa, nociva e tossica, e che quindi è oggetto di questa risoluzione catartica, quasi purificatoria». Il problema, conclude Meluzzi, «è che nei confronti di queste persone, che spesso sono “piccole”, senza particolari capacità o qualità, non esiste alcun tipo di prevenzione. Certo, il fatto di possedere numerose armi può essere un segnale, ma in America esistono anche tantissimi collezionisti totalmente innocui».
(Claudio Perlini)