Nel corso dell’Angelus recitato stamattina da Castel Gandolfo, il Papa ha sentito l’esigenza di toccare il tema dello stabilimento Ilva di Taranto al centro di un caso che sta preoccupando migliaia di persone. Come è noto, i giudici hanno chiesto la chiusura dell’azienda perché metterebbe a rischio la salute dei lavoratori stessi e dell’ambiente circostante. Benedetto ha detto di seguire con preoccupazione le notizie relative al caso, esprimendo la sua vicinanza agli operai e alle loro famiglie: “Mentre assicuro la mia preghiera e il sostegno della Chiesa, esorto tutti al senso di responsabilità e incoraggio le Istituzioni nazionali e locali a compiere ogni sforzo per giungere ad una equa soluzione della questione, che tuteli sia il diritto alla salute, sia il diritto al lavoro, soprattutto in questi tempi di crisi economica”. IlSussidiario.net ha chiesto al professor Gaetano Troina di commentare questo intervento: “Il Papa ha voluto dire: io non voglio entrare nel merito di quale dei due primati attualmente in gioco, quello sul lavoro o quello sulla salute che poi è quello della vita, è messo in gioco, però fate di tutto perché nel breve tempo si chiarisca richiamando a un chiarimento necessario per il bene delle persone”. Una preoccupazione per il bene comune che apre un dibattito sul primato del lavoro e quello della salute dell’uomo: “La Chiesa” dice Troina “prima di tutto privilegia la vita della persona. Fra questi due primati bisogna stare molto attenti quando andiamo a discernere tra il primato del lavoro e il primato della vita. Entrambi sono due primati essenziali , ma il primato della vita viene prima di tutto”.



Professore, i giudici hanno chiesto la chiusura degli stabilimenti Ilva perché danneggerebbero la salute. Anche il Papa vive con preoccupazione questa situazione.

Bisogna però fare dei chiarimenti perché non è proprio vero quello che sostengono i giudici. L’avvenimento in questione nasce nel tempo quando c’erano mancanze di rispetto dell’ambiente che hanno creato situazioni sicuramente gravi. Oggi però sono stati fatti moltissimi interventi per mettere l’Ilva in situazione molto più regolare. Credo che quegli incidenti che sono successi negli anni negli ultimi tempi non si siano più registrati o se ci sono stati sono conseguenze di quelle gestioni.



Lei dunque ritiene che la richiesta di chiusura degli stabilimenti sia eccessiva.

Non condividendo ma rispettando il lavoro dei giudici, a me sembra che i giudici stiano condannando cose passate e allora non si può chiudere oggi uno stabilimento per situazioni passate. Se lo stabilimento oggi è in una situazione tale da non permettere una adeguata sopravvivenza della popolazione circostante, va bene la chiusura, però bisogna anche tenere conto che il lavoro è un diritto fondamentale.

La Chiesa ha sempre sostenuto il primato del lavoro, i giudici sembrano privilegiare il diritto alla salute. E’ così?



La Chiesa prima di tutto privilegia la vita della persona. Fra questi due primati bisogna stare molto attenti, quando andiamo cioè a discernere tra il primato del lavoro e il primato della vita.

In che senso? 

Entrambi sono due primati essenziali e il primato del lavoro è esigenza vitale, ma il primato della vita viene prima di tutto. In questa faccenda però quello che mi preoccupa è questo: io sono dell’avviso che per fare una azione come quella che hanno fatto i giudici o si è in possesso di prove precise che in questo momento la situazione è grave oppure ci si sta comportando in modo non adeguato rispetto alle esigenze del bene comune.

I giudici cioè non avrebbero tenuto conto di esigenze insopprimibili, come quella del lavoro delle persone?

Per le informazioni di cui sono in possesso e credo anche per quanto sostiene il ministro dell’ambiente l’Ilva si è molto adeguata. In questo  momento forse le circostanze per arrivare a chiudere lo stabilimento non c’erano.

Come giudica l’intervento del Papa sulla questione?

Il Papa ha voluto dire: io non voglio entrare nel merito di quale dei due primati, quello sul lavoro o quello sulla salute che poi è quello della vita, è messo in gioco. Però, dice il Pontefice, fate di tutto perché nel breve tempo si chiarisca. Evidentemente il chiarimento, se le notizie che ho io e credo siano quelle del ministro, e cioè che l’Ilva si è adeguata moltissimo rispetto al passato, è che non si può chiudere l’Ilva di oggi ma si doveva chiudere quella di ieri. In ogni caso quando si va a chiudere uno stabilimento teniamo presente che mettiamo per la strada e sul lastrico persone che devono mangiare. Indirettamente mettiamo in campo il principio della sussistenza e della salute e della vita. E’ un cane che si morde la coda. Secondo me il giudice non ha ben interpretato i fatti tranne che ci siano cose che noi non conosciamo e che conosce il giudice. Questo è un intervento in tempo di crisi da effettuarsi con delle esigenze imminenti se no è fuori luogo.

L’enciclica Laborem Exercens dice che il lavoro è la continuazione della Creazione del mondo.

Lo dicono tutti i Papi nelle loro encicliche sociali, la Laborem lo dice in modo particolare.

Ma in casi come questo, se fosse appurato quello che dicono i giudici, non crede che invece il lavoro contribuisca a distruggere la Creazione? 

Non c’è dubbio su questo, ma attenzione: non il lavoro ma il modo con cui si è fatta lavorare la gente distrugge la Creazione. E’ diverso. Il lavoro è comunque la continuazione della creazione di Dio, il modo con cui il lavoro viene esercitato può diventare la schiavitù della natura nei confronti dell’uomo e questo è il sacrilegio commesso contro la natura quindi la creazione di Dio. Bisogna stare attenti: non è il lavoro che è sempre continuazione della creazione, ma il modo con cui chi fa lavorare la gente facendola soffrire dentro un ambiente malsano. Questo è contro l’uomo e se è contro l’uomo è contro la natura. Prima c’è l’ecologia dell’uomo poi c’è quella dell’ambiente. Le due cose spesso sono coesistenti nello stesso momento.

Leggi anche

ILVA/ Un piano, una proposta e i nodi da sciogliere per il GovernoILVA/ E quel ruolo dello Stato che non smentisce la dottrina DraghiDALL'ALITALIA A WHIRLPOOL/ Tutte le crisi aziendali che Conte ha lasciato in eredità