È monsignor Gerhard Ludwig Müller, vescovo di Ratisbona, il nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. Il decreto di nomina firmato da Benedetto XVI, che ha ricoperto questa carica per quasi 24 anni, al fianco di papa Wojtyla, è stata reso pubblico alle 12 di lunedì 2 luglio contemporaneamente a Roma, all’ex Sant’Uffizio, e a Ratisbona dove il presule si trovava. Monsignor Müller succede al cardinale William Joseph Levada, che aveva presentato le dimissioni, per raggiunti limiti di età, oltre un anno fa. Monsignor Müller, che in questa circostanza è stato elevato alla dignità arcivescovile e che riceverà la berretta cardinalizia nel prossimo concistoro, assume anche l’incarico di presidente della Pontificia commissione “Ecclesia Dei”, della Pontificia commissione biblica e della Commissione teologica internazionale. 64 anni compiuti nello scorso dicembre, docente nell’università Ludwig-Maximilians di Monaco e invitato in diversi atenei del mondo, il nuovo prefetto è molto stimato da papa Ratzinger, che gli ha affidato la cura della propria opera omnia, ossia la raccolta di tutti i suoi scritti teologici. Su questa importante nomina vaticana ilsussidiario.net ha sentito il parere di un esperto di lungo corso quale Sandro Magister, vaticanista de L’Espresso.
Come giudica l’avvicendamento alla carica di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede disposto da Benedetto XVI?
La nomina di monsignor Müller dimostra l’interesse preminente di Benedetto XVI a far ricoprire la carica di Prefetto della Congregazione per la dottrina delle fede a una persona di assoluta fiducia e molto in sintonia con la sua visione teologica.
Quando fu nominato il cardinal William Levada si disse: Benedetto XVI ha ritenuto fondamentale che il Prefetto fosse innanzitutto un pastore. Gerhard Ludwig Muller è anche teologo. È cambiato qualcosa nell’orientamento del Pontefice?
Direi di no. Certamente, il nuovo prefetto corrisponde in modo molto forte all’interesse del Pontefice di avere una persona con la quale poter lavorare in modo stretto e confidenziale. Fra l’altro Muller, che è un pastore in quanto vescovo di Ratisbona, è anche un qualificato teologo e ha avuto l’incarico di curare l’edizione completa dell’opera omnia degli scritti teologici di Joseph Ratzinger.
Una scelta dettata da un fattore quasi “empatico” e di vicinanza?
Naturalmente. Va detto però che non è il primo caso di nomina fatta in curia da Benedetto XVI, al punto da poter definire queste scelte come una “piccola squadra” composta da persone di fiducia del Papa e che lavorano a stretto contatto con lui. Al nome di Müller, infatti, si possono associare i nomi del cardinale Marc Ouellet, che nomina i vescovi di tutto il mondo, e del cardinale Kurt Koch che dirige il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Koch, Ouellet e Müller costituiscono un terzetto che ha una grandissima importanza nel governo della Chiesa mondiale e in cui Ratzinger nutre una fortissima fiducia.
Secondo lei, questa nomina soggiace a criteri di nazionalità o politici? Repubblica ha scritto: più tedeschi intorno al Papa in un momento così difficile… Che ne pensa?
Müller è tedesco, più precisamente bavarese, ma Koch, ad esempio, è svizzero seppure di lingua tedesca e Ouellet è canadese. La loro prossimità più che geografica è culturale, avendo affinato una visione teologica molto simile a quella del Papa e che consente loro di fare davvero squadra.
Quali sono i punti salienti di questa visione teologica che accomuna la “squadra” di Ratzinger?
È una visione che mette a frutto quanto di meglio la teologia cattolica ha prodotto nel ventesimo secolo. Basti dire che altri grandi teologi come Hans Urs Von Balthasar, Jean Daniélou ed Henri De Lubac possono esser associati a questa corrente.
A questo giornale monsignor Müller, intervistato nell’agosto 2010, disse: «È solo il “principio” dell’amore, come unità interna e inscindibile di ragione e sentimento, intelligenza e affezione, che consente di superare le contraddizioni della ragione moderna». Qual è il suo commento?
È un pensiero certamente condiviso dal Pontefice. Forse, però, ciò che deve essere messo in rilievo è che questa corrente teologica non si distingue per un esclusivo uso della razionalità, ma si ispira moltissimo al grande recupero, fatto dalla seconda metà del ventesimo secolo, del pensiero dei padri della Chiesa. Fondamentali sono anche la centralità della liturgia e un’interpretazione delle Sacre Scritture non puramente storico-critica ma canonica, ispirata cioè a quel senso spirituale e complessivo che era tipico dei grandi studiosi delle scritture nel Medioevo.
In questo senso, pensa che questa nomina possa essere considerata “innovativa”?
Assolutamente sì, perché a capo della Congregazione per la dottrina della fede non arriva semplicemente una persona incaricata solo di vigilare la “purezza” della dottrina ma fa il suo debutto un teologo che ha una competenza e una visione sufficientemente forti per promuovere la vicenda della fede nel contesto moderno. Del resto, ci stiamo avvicinando ad un anno che Benedetto XVI ha indetto appositamente per ravvivare la fede nel mondo.
Il nuovo Prefetto andrà anche a dirigere la commissione Ecclesia Dei che sta esaminando l’ipotesi di ricomposizione con i seguaci del vescovo Marcel Lefebvre. Quale pensa sarà la linea che seguirà Müller?
La stessa che porta avanti con grande coraggio papa Ratzinger sfidando le resistenze fortissime che si muovono anche e soprattutto all’interno della Chiesa, dove esistono correnti fortemente ecumeniche ma solo a parole: cioè sottolineano a parole continue aperture nei confronti di comunità separate come le protestanti storiche ma, contemporaneamente, mostrano non solo una chiusura, ma un vero e proprio disprezzo nei confronti di frammenti molto vicini alla Chiesa cattolica ma separati da poco tempo, come appunto i lefebvriani. Corrente che può e deve essere oggetto di un lavoro di riconciliazione.
Müller si dichiara discepolo e amico del teologo peruviano Gustavo Gutiérrez, considerato uno degli ispiratori della “teologia della liberazione”. Come giudica quest’apertura?
Questa attenzione particolare nei confronti della dottrina di Gutiérrez è stata usata come arma di accusa da parte di chi non desiderava Müller al vertice della Congregazione per la dottrina della fede. In realtà, a ben guardare, Gutiérrez è certamente fra i più famosi esponenti della “teologia della liberazione”, ma è l’unico che non è mai stato oggetto di condanna perché, effettivamente, la sua teologia è nell’alveo dell’ortodossia. Inoltre, questa corrente ha avuto delle derive soprattutto di tipo marxista assolutamente incompatibili con la dottrina cattolica tout court ma, d’altro canto, ha svolto anche temi e affrontato problemi che sono stati valutati positivamente. Fra questi monsignor Müller e, in passato, anche l’allora prefetto Ratzinger si erano espressi criticamente solo su alcuni aspetti della “teologia della liberazione” stessa.
(Federica Ghizzardi)