Sentenza sui pestaggi alla caserma Diaz, durante il fatidico G8 di Genova. Condannati i poliziotti responsabili,  cui toccherà almeno l’interdizione dagli uffici e immagino  una consistente  contributo al risarcimento danni, per i feriti, troppi, e alcuni in modo grave. Prima considerazione: si chiude una brutta pagina per la nostra democrazia, e questo lo dicono un po’ tutti, ok. Si chiude tardi, però, dopo 11 anni, e pensare che dei sadici picchiatori si siano aggirati tranquillamente  per tanto tempo esercitando le loro funzioni di tutela della pubblica salute e sicurezza, non lascia indifferenti. Seconda considerazione: chissà se pagheranno tutti, o i mandanti, o chi era consapevole dei fatti, e ha taciuto, restano ai loro posti, protetti dall’onorata carriera e dai legami con le alte sfere della politica. Insomma: se è stato possibile far sprizzare sangue sulle pareti di una caserma,  chiudere dei sospetti facinorosi per tre giorni senza possibilità di contatto con l’esterno e pestarli, con calci e spranghe, qualcuno l’avrà pur saputo, o avrà abituato i suoi sottoposti a chiudere un occhio, e lasciare che si desse sfogo alla rabbia, alla vendetta. Intendiamoci: ci stavano, perché quei ragazzi amanti della libertà che pacificamente protestavano per un mondo più giusto erano in parte gruppi paramilitari, affiliati a forze antagoniste ai limiti della legalità, a copertura di formazioni terroristiche di cui abbiamo visto le azioni in tanti altri incontri al vertice, nelle nostre più recenti proteste in val Susa, per non dire di Roma, l’altr’anno. Gente niente affatto ingenua e innocente, che trasforma i centri storici in teatro di guarriglia, spacca vetrine, insozza e insulta, in specie chi fa il proprio mestiere anche a difesa loro, e che, come ben intuì Pasolini, rappresenta la parte del paese più provata, che non ha tempo di protestare e organizzare sit in, perché deve guadagnarsi il pane; uomini e donne che ci credono, ad un paese che osano chiamare patria, credono all’onore, al coraggio, al servizio per gli altri. Io sto in genere dalla parte dei poliziotti, per questo. Che non sono il male, non sono i cattivi, né allo stadio né nelle piazze, e non si vorrebbe che questa sentenza giusta servisse a sputare fiele ben noto nei confronti delle forze dell’ordine, bersaglio facile e naturale di tutte le tensioni sociali e le follie di spostati  o di fomentatori di odio, manovrati da chi non vuol certo il bene comune.  Poi, i malvagi e i violenti ci sono  dappertutto, purtroppo, tra i poliziotti e tra i giovani rivoluzionari. Era violento Carlo Giuliani, che cercava di lanciare un estintore addosso a un carabiniere terrorizzato, in una camionetta assediata. Aveva paura?



Può darsi. Anche il carabiniere che l’ha ucciso. Non ci si dovrebbe arrivare, a suscitare e subire tanta paura, perché è difficile, quando la folla si accalca, quando la battaglia si accende, capire che chi hai di fronte non è da odiare, non è da fermare con la forza. Ma chi difende la legge ha una responsabilità in più, è stato educato alla pazienza, alla freddezza, a  non reagire, non esternare, non abusare di un potere che non è per sentirsi più forti e  intoccabili. Quindi, onore a tutti quei poliziotti e carabinieri che, non so come, riescono a restare impassibili quando sorprendono criminali e delinquenti, quando si sentono sbeffeggiare  e umiliare e non reagiscono mai.  E nessuna copertura, mai, per chi sbaglia, per chi copre chi sbaglia, per gli occultamenti di prove, i depistaggi, la corruzione…



Siamo un paese democratico, capita di rado che ad alti livelli le forze dell’ordine vengano condannate, e questa condanna diventi monito ed esempio. Siamo un paese civile, e libero. Ricordiamocelo, alla prossima manifestazione.

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