Festa grande in una delle perle della Sicilia, ma non solo, d’Italia e del mondo. A Taormina infatti si ricorda oggi il suo patrono, San Pancrazio, martire e primo vescovo della cittadina. A San Pancrazio è dedicata la bella chiesa barocca che sorge sulle rovine di un tempio greco del quale è ancora possibile scorgere le pietre del basamento. Sebbene venga ricordato tutti gli anni, solo una volta ogni quattro si celebra con una processione vera e propria per le strade della città. In tale occasione oltre al santo patrono si porta in giro anche una statua di San Pietro. Questo perché proprio l’incontro con Pietro portò Pancrazio a convertirsi definitivamente. Curiosamente, San Pancrazio è patrono di un’altra citò siciliana, Canicattì, dove però lo si ricorda il 3 aprile. Non ci sono notizie storiche molto precise sul santo patrono di Taormina, bisogna quindi affidarsi alle agiografie a noi pervenute che raccontano che nacque in Cilicia, ad Antiochia, nei primi anni del I secolo, dove era giunta l’eco della predicazione e dei miracoli di un uomo di Nazareth. Il padre, infiammato dalla fede, volle recarsi a Gerusalemme portando con sé il figlio giovanetto per vedere e ascoltare Colui che si definiva il figlio di Dio. Pancrazio ebbe così modo di vedere Gesù ricevendone una grande impressione. Quando, dopo la morte di Gesù, Pietro iniziò la sua vita di apostolo itinerante per portare la lieta novella alle genti d’Asia e d’Europa, si fermò ad Antiochia e qui il giovane iniziò a seguire le sue prediche maturando l’idea della conversione. Fu lo stesso Pietro a battezzarlo, a ordinarlo sacerdote e quindi vescovo, ricordando che la parola vescovo allora non aveva la stessa accezione di oggi, si intendeva allora come un successore degli apostoli, quindi delegato a portare il Verbo. Nella “Vitae Sanctorum Siculorum” si narra che durante l’impero di Caligola, nel 40 d.C., fu sempre lo stesso Pietro a inviare Pancrazio in Sicilia dove assunse il ruolo di vescovo di Taormina e dove iniziò a predicare. I suoi modi garbati e il suo fervore nella fede fecero in modo che molti pagani si convertissero al cristianesimo, compreso il prefetto e diversi appartenenti alle famiglie patrizie. I detrattori del vescovo però non gradirono l’alta considerazione in cui veniva tenuto e organizzarono un agguato per ucciderlo a capo del quale si pose un tale Artagato che viene definito nelle agiografie come “adoratore degli dei”. Invitò a casa sua Pancrazio per un banchetto con un gruppo di amici e impose al santo con la forza di baciare una statuetta lignea di un idolo. Si narra che egli fece il segno della croce e l’immagine andò in mille pezzi, ma ciò scatenò l’ira dei convenuti che lo aggredirono a pugni, morsi, bastonate e lo uccisero, poi occultarono il suo corpo in fondo a un pozzo.
I discepoli di Pancrazio però trovarono il cadavere grazie a una luce divina che illuminò il pozzo e poterono dargli una degna sepoltura. Non si conosce con precisione la data del martirio di Pancrazio, i documenti riportano che avvenne durante l’impero di Traiano, salito al trono nel 98 d.C. è dunque presumibile che il vescovo fosse già in età molto avanzata nel momento della sua morte. Il culto del santo ebbe inizio fin da subito, ma fu durante l’occupazione bizantina che venne intensificato grazie al fatto che Pancrazio era di origine orientale, così la sua venerazione da Taormina venne estesa anche a Canicattì.