Il ricorso predisposto in questi giorni dall’Avvocatura dello Stato a nome delle Presidenza della Repubblica, che ha sollevato un conflitto di attribuzione contro la Procura di Palermo, è stato l’ultimo atto, per il momento, dello scontro tra il Quirinale e i pm. Alla base di tutto le intercettazioni telefoniche predisposte per indagare sulla presunta trattativa Stato-mafia che hanno coinvolto l’ex ministro Nicola Mancino e il Capo dello Stato. Dialoghi poi lasciati trapelare agli organi di stampa. Una pagina che deve ancora essere chiarita, resa ancora più drammatica dalla morte di Loris D’Ambrosio, il consigliere giuridico del Colle, stroncato da un infarto e travolto «dall’insopportabile peso dell’accusa di aver mancato ai propri doveri», come ha dichiarato il ministro della Giustizia Paola Severino.
Attendendo il parere della Consulta, il dibattito sui giornali è aperto. «Come molti costituzionalisti sono convinto che le prerogative del Capo dello stato, sancite dalla Costituzione, non siano state rispettate – dice a IlSussidiario.net Massimo Cacciari –. Un fatto di una gravità inaudita a cui bisogna porre rimedio. Detto questo, più in generale, è giunto davvero il momento di risolvere una volta per tutte in questo Paese il nodo delle intercettazioni».



Ha ragione quindi il Presidente Napolitano a reagire a quella che ha definito «una campagna di sospetti basata sul nulla»?

Certamente, ma sono convinto che la Corte Costituzionale prenderà la decisione giusta. Vede, in Italia c’è un profondo malcostume che deve essere estirpato. In quale Paese civile le indagini non sono regolate e si assiste periodicamente e senza fare nulla alla divulgazione delle registrazioni? In questo caso specifico poi stiamo parlando del Presidente della Repubblica, su cui la Costituzione italiana è chiarissima.
Non solo, in questi giorni ho letto dei discorsi astratti sulla “ragion di Stato”, come se scoprissimo oggi l’acqua calda. Di cosa stiamo parlando? La ragion di Stato c’è sempre stata. In tutti i Paesi esistono delle procedure che prevedono che alcuni atti siano secretati fino a quando la situazione non sia culturalmente mutata. Nel caso specifico, ripeto, sarebbe comunque bastato il minimo rispetto delle regole.



Quali sono le sue proposte per risolvere questo problema?

A mio avviso bisognerebbe vietare la divulgazione delle registrazioni prima che si giunga al vero e proprio dibattimento. I partiti, se fossero un minimo responsabili e coscienti, dovrebbero pensare a questo, non alla legge elettorale…

Predisponendo anche delle pene sia per i pm che per i giornalisti?

Certamente. Per quanto riguarda i pm tocca al Csm intervenire, anche attraverso provvedimenti disciplinari pesanti, per i giornalisti bastano invece delle leggi ordinarie. L’ipocrisia deve finire. Lo sanno tutti che in questo Paese esistono dei rapporti diretti tra alcuni pm e alcuni giornali, al di fuori di ogni regola. È il cosiddetto segreto di Pulcinella. E in una situazione di questo tipo, il paradosso tutto italiano è che sui fatti che hanno deciso la storia di questo Paese, dall’omicidio Moro alle stragi che portarono alla morte di Falcone e Borsellino, non c’è ancora chiarezza.



Le indagini quindi devono continuare?

Vogliamo ipotizzare una trattativa tra Stato e mafia che spieghi tutte le pagine oscure della nostra storia? Facciamolo pure, ma indaghiamo seriamente. Che senso ha far pubblicare delle intercettazioni prima che le indagini abbiano assunta una minima fisionomia? È semplicemente ridicolo. 

Da ultimo, il fatto che Silvio Berlusconi non sia più al centro della scena potrebbe aiutare a sciogliere il nodo delle intercettazioni?

Forse sì, ma anche questo la dice lunga sulla maturità e sulla buona fede di questo Paese. Chi non ha voluto risolvere il problema per paura di favorire Berlusconi ha commesso un errore gravissimo, che oggi paghiamo tutti.