Il 26 agosto la Chiesa cattolica ricorda la figura di Sant’Alessandro di Bergamo. Le notizie che si possiedono riguardo la sua vita sono veramente poche: la data della nascita è incerta, ma è noto che visse nel III secolo d.C. Morì infatti per decapitazione nel 303 d.C. Si racconta che militò nella cosiddetta “legione tebana” o “legione tebea”, un corpo d’armata romano composto di soli soldati cristiani che dalla regione della Tebaide venne spostato in Gallia per essere di complemento in alcune missioni di repressione di rivolte che scoppiavano frequentemente in quella regione riottosa alla dominazione romana. Il comandante di questa legione tebana fu Maurizio, anche lui venerato come santo. La leggenda vuole che alla legione fu comandato di reprimere una ribellione in atto in Gallia e, per farlo, di uccidere dei cristiani. La legione si rifiutò e per questo motivo venne ucciso un soldato ogni dieci. Fu San Maurizio a guidare la disobbedienza dei soldati e alla fine l’intera legione venne sterminata. Si racconta che furono solo due i soldati a scampare all’eccidio ma con il tempo la tradizione ne ha aggiunti molti altri, fino ad arrivare al numero di circa quattrocento. Le fonti storiche non documentano l’esistenza di questa legione, che potrebbe essere interamente frutto di una legenda. Molti storici dubitano innanzitutto che potesse esistere un corpo d’armata composto di soli cristiani prima dell’impero di Costantino I il Grande che regnò a partire dal 306 d.C. Anche il castigo della decimazione sarebbe anacronistico rispetto al tempo in cui la leggenda vuole che fosse compiuto. Alessandro di Bergamo fu probabilmente il vessillifero della legione, cioè il portatore dello stendardo: viene infatti raffigurato in veste di soldato romano, nell’atto di reggere una bandiera. Sant’Alessandro scampò al massacro della legione e si rifugiò insieme ad altri suoi compagni di fuga in Italia. Giunto a Milano fu riconosciuto come fuggitivo e imprigionato. Gli fu imposto di rinunciare alla sua fede cristiana e, dopo il suo rifiuto, venne condannato a morte. Prima dell’esecuzione riuscì a fuggire grazie all’aiuto di un compagno e di un vescovo e, incamminatosi verso Como, compì il miracolo di resuscitare un defunto. Fu in questo modo riconosciuto e riportato innanzi all’imperatore Massimiano, strenuo persecutore dei cristiani, il quale lo condannò nuovamente a morte per decapitazione.
La leggenda vuole che il boia non osasse toccarlo e che per la paura gli si irrigidirono gli arti. La stessa sorte toccò a un secondo boia e poi a un terzo, fino a che si comprese che quel cristiano non si sarebbe riusciti ad ucciderlo. La sua pena fu quindi commutata nella prigionia dove si pensava che il santo sarebbe morto di fame e di sete. Ma ancora una volta Alessandro non morì e riuscì a scappare anche da questa prigione. Fuggì alla volta di Bergamo dove trovò rifugio e iniziò la sua opera di conversione alla fede cristiana. A causa della sua notorietà che si stava diffondendo sia nella comunità cristiana che presso i romani, non ci volle molto tempo perché fosse nuovamente arrestato, condannato a morte e a questo punto, ucciso. Morì decapitato il 26 agosto del 303. A Bergamo nel luogo della sua esecuzione sorge la Chiesa di Sant’Alessandro in Colonna, mentre il corpo del martire fu trasportato di nascosto da una donna nella sua casa e lì venne sepolto. Alcuni giorni dopo la donna trovò dei gigli che erano miracolosamente cresciuti dove erano cadute alcune gocce di sangue del martire. La donna era colei che poi diventò Santa Grata da Bergamo. Sant’Alessandro è il patrono di Bergamo e di alcuni paesi lombardi, i suoi simboli sono il vessillo della legione e il giglio.