I minatori della Carbosulcis da domenica notte hanno occupato l’impianto di Nuraxi Figus e i pozzi la cui profondità arriva a ben 373 metri. Come annunciato da Stefano Meletti, sindacalista Uil, “la protesta va avanti, noi ci stiamo battendo per difendere la miniera e il nostro futuro”. Ilsussidiario.net ha intervistato Giorgio La Spisa, vicepresidente di Regione Sardegna.



La Spisa, quali sono le origini della tormentata vicenda della Carbosulcis?

Quella della Carbosulcis è una storia lunghissima, dare un giudizio affrettato in questo momento non sarebbe rispettoso della realtà. Si tratta di una vicenda che si inserisce nel polo industriale di quel territorio, caratterizzato da investimenti derivati da flussi finanziari esterni alla Sardegna, che hanno creato di fatto una monocultura industriale, prima mineraria e poi metallurgica. In questo momento si sta vivendo l’apice della crisi dell’industria mineraria e dell’industria metallurgica di base, che nel tempo non sono state supportate da un’adeguata politica industriale e soprattutto da una politica energetica da parte dello Stato italiano.



Veniamo all’attualità: lei è a favore o contro le proteste?

La mia risposta rispetto alla condivisione della protesta è che certamente condivido un giudizio negativo sul fatto che si lasci morire un tessuto produttivo e quindi anche un assetto occupazionale di migliaia di lavoratori, persone e famiglie. Tutto ciò senza avere tentato in questi anni di risolvere alla radice i problemi economici di questo territorio e soprattutto senza avere voluto chiarire fino in fondo se l’Italia intende avere una sua politica industriale ed energetica, adeguata a un grande Paese sviluppato.

Oltre al caso Carbosulcis c’è anche quello di Alcoa …



Oggi contemporaneamente abbiamo la crisi di un’industria che produce allumina, alluminio primario e di una miniera di carbone. Tutte queste tre grandi imprese danno lavoro a migliaia di dipendenti diretti, ma hanno creato nel tempo anche un indotto a valle che crea ulteriori posti di lavoro, la cui cessazione può davvero portare a una crisi sociale di dimensioni spaventose. Non si può quindi non manifestare solidarietà per le famiglie coinvolte in questo dramma. Parallelamente occorre però non cedere alla demagogia, bensì guardare in faccia alla realtà, e questo lo deve fare innanzitutto il governo italiano.

In che senso?

Occorre innanzitutto decidere se la produzione di alluminio primario è ancora strategica per l’Italia, considerato che se non lo produciamo qui lo dovremo acquistare dall’esterno. Una grande industria multinazionale come l’Alcoa, o chi potrebbe sostituirla, rimanendo in Italia genererebbe inoltre reddito e gettito per il bilancio dello Stato. Per dare una risposta, lo Stato deve dire contemporaneamente come intende raggiungere questo risultato, cioè l’ottenimento di energia elettrica da mettere a disposizione di industrie energivore come quelle del settore metallurgico, a prezzi convenienti e che rendano competitive queste produzioni anche in Italia. In tutti questi anni, lo Stato italiano non è riuscito a raggiungere tali obiettivi, ed è questo il problema che oggi scontiamo.

 

Nello specifico, come può essere risolto il problema della Carbosulcis?

 

Per la Carbosulcis il problema è ancora più complesso, perché non si tratta di un’industria di trasformazione, bensì di un’attività estrattiva di un minerale che è presente in grande quantità nel Sulcis. Si tratta della miniera di carbone più grande in Italia e che ci colloca al più alto livello in Europa. E’ un carbone carico però di una percentuale di zolfo molto alta, che richiede diverse lavorazioni e quindi può essere altamente inquinante se consumato con meccanismi tradizionali, e che invece potrebbe essere effettivamente una risorsa strategica, se si verificasse la possibilità di utilizzarlo per produrre energia elettrica con processi innovativi e a basso impatto ambientale.

 

In che modo?

 

Negli anni 90 vi fu un tentativo che consisteva nel progetto di gassificazione del carbone. Questo progetto, su cui si fondarono le speranze del territorio e del sistema politico in quegli anni, fu abbandonato perché il sistema bancario lo ritenne non sostenibile. Si è affacciato in questi anni un altro piano, quello della cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica. Si tratta di un progetto molto ambizioso, che è stato ritenuto utile dal governo italiano. La legge 99 ha previsto la possibilità che anche per la miniera del Sulcis possa essere utilizzata quella tecnologia, ma è da tempo che il governo non dà una risposta definitiva. Su questo la protesta è pienamente giustificata, occorre che il governo dia una risposta in tempi rapidi.

 

(Pietro Vernizzi)