Scherzando con gli amici, dopo aver ascoltato l’Angelus a Castelgandolfo, ho detto che il Papa aveva fatto uno piccolo scoop, rubando quasi il mestiere a noi giornalisti. Uno scoop teologico, ovviamente. Benedetto XVI ha rivelato la vera identità di Giuda Iscariota e i motivi del suo tradimento. L’apostolo che consegnò Gesù alle guardie del sinedrio era uno zelota, ha spiegato il Papa. Ovvero un seguace di quella corrente ebraica fondamentalista pronta ad usare il “sica”, un pugnale appuntito e curvo (da cui i termini sicario ed iscariota) per “zelo” religioso al fine di liberare Israele dall’occupazione romana. “Giuda era uno zelota, e voleva un Messia vincente, che guidasse una rivolta contro i Romani. Gesù aveva deluso queste attese”. Giuda non lasciò però il gruppo dei discepoli ma rimase, dissimulando i suoi veri sentimenti, con il desiderio di “vendicarsi”. Proprio tale “insincerità”, secondo il Papa, fu la sua colpa più grave: “la falsità, che è il marchio del diavolo”.
Non è la prima volta, in realtà, che Benedetto XVI propone questa lettura del tradimento dell’Iscariota. Ne aveva scritto – da studioso, quindi presentando le sue tesi come opinioni private – nel primo volume della sua trilogia su Gesù di Nazareth (Rizzoli, pp. 212-213) e ne aveva fatto un breve cenno lo scorso marzo. Ora ne ha parlato da Papa, ai fedeli, dando per acquisita la verità storica sul più drammatico e famoso tradimento di tutti i tempi.
Nel suo libro su Gesù, Ratzinger offriva molti altri spunti suggestivi. Oltre a Giuda Iscariota c’era un altro zelota fra i dodici apostoli: Simone, che il vangelo di Luca chiama, appunto “lo zelota”. Notazione interessante perché mostra come non c’era (e non c’è) alcuna precondizione politica o culturale all’incontro con Cristo. Nella ristretta compagnia degli apostoli troviamo ben due simpatizzanti del partito della “lotta armata” e un “collaborazionista”, Matteo, che riscuoteva le tasse per l’odiato occupante romano. Sia Simone lo zelota sia Matteo l’esattore sono così attratti dalla presenza di Cristo che, frequentandolo, scopriranno un nuovo orizzonte di vita, fino a sentirsi fra loro fratelli. Giuda no, rimane abbarbicato nei suoi schemi religiosi e politici: “si sentiva tradito da Gesù, e decise che a sua volta lo avrebbe tradito”.
Il Papa ovviamente non intendeva fare alcuno scoop. Con la ricchezza e la profondità delle sue conoscenze spiegava ai fedeli il Vangelo del giorno, quello in cui Gesù sferza i discepoli con insolita durezza. “Volete andarvene anche voi?”. Alla falsità di Giuda ha contrapposto la sincerità di Pietro: “Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il santo di Dio”. Nel commento alla risposta dell’umile pescatore di Cafarnao il Papa teologo ha pronunciato parole illuminanti, le più personali e sperimentate come intimamente vere nella sua vita di studioso, sulla fede che precede la conoscenza. Le ha prese in prestito dal suo maestro Agostino: “Vedete come Pietro, per grazia di Dio, per ispirazione dello Spirito Santo, ha capito? Perché ha capito? Perché ha creduto. Tu hai parole di vita eterna. Tu ci dai la vita eterna offrendoci il tuo corpo risorto e il tuo sangue, te stesso. E noi abbiamo creduto e conosciuto. Non dice: abbiamo conosciuto e creduto, ma abbiamo creduto e poi conosciuto… se, infatti, avessimo voluto conoscere prima di credere, non saremmo riusciti né a conoscere né a credere...”.