Nell’omelia pronunciata al Santuario della Madonna della Guardia, in occasione dell’anniversario dell’apparizione della Vergine, il vescovo di Genova e presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco ha espresso le preoccupazioni della Chiesa per i riverberi sul tessuto sociale e sulle famiglie dell’attuale crisi economica. Una crisi provocata anche dal prevalere del profitto sull’uomo, di visioni particolaristiche sul bene collettivo; elementi in grado, secondo Bagnasco, di sfaldare la società. Alla luce dei quali, occorre una repentina marcia indietro: «E’ l’ora di una solidarietà lungimirante, dell’assoluta concentrazione sui problemi prioritari dell’economia e del lavoro, della rifondazione della politica e della partecipazione, della riforma dello Stato: problemi che hanno al centro la persona e ne sono il necessario sviluppo», ha detto il cardinale. Il commento di Stefano Maria Paci, vaticanista di SkyTG24.



Cosa sottolineerebbe delle parole di Bagnasco?

Quando ancora la crisi non mordeva, Bagnasco aveva messo in guardia circa quello che, da lì a poco, si sarebbe scatenato; facendo presente che la Chiesa sapeva bene in che situazione versavano le famiglie italiane, disponendo di “antenne” uniche al mondo, le parrocchie. Anche nell’omelia di oggi ha mostrato di saper guardare ben oltre la contingenza e le immediate circostanze.



Secondo lei, quindi, come interpreta il futuro?

Mentre i governi affermano che ci accingiamo a intravedere l’uscita dal tunnel, il presidente della Cei si mostra decisamente meno ottimista. In un passaggio dell’omelia ha detto che, al contrario, la tenuta sociale poterebbe sfaldarsi, così come le forme della convivenza democratica e civile.

Quindi, perché parlare di riforma dello Stato?

L’affermazione lascia intendere che è necessario andare ben oltre rispetto alla messa in campo di riforme o misure a breve termine, del tutto insufficienti a scongiurare il pericolo. Occorre una radicale revisione della struttura stessa dello Stato, volta all’affermazione di nuovi principi di eguaglianza e solidarietà, affinché si freni il processo in virtù del quale è l’economia a determinare i rapporti tra le persone.



Il vescovo di Genova, riferendosi al pronunciamento della Corte europea sulla Legge 40, ha parlato di surclassamento della nostra magistratura; la Corte, infatti, bocciando il provvedimento italiano, ha accetto le richieste dei ricorrenti senza che queste attraversassero, come è prassi, i gradi di giudizio della giustizia italiana.

Le sue parole riflettono un timore che la Chiesa ha manifestato più volte: che le strutture sovranazionali, rette da pochissime persone, scavalchino gli ordinamenti degli Stati, anche sul fronte etico; come, per intenderci, ha fatto più volte l’Unione europea. Annullando alcuni provvedimenti italiani, frutto della visione e della sensibilità etica presente nostro Paese, rendendo del tutto inutile il dibattito interno.

Tale rischio è ravvisabile anche nei processi economici? Bagnasco, infatti, ha denunciato il prevalere del profitto sull’uomo…

Certamente. Più volte la Chiesa ha denunciato la spersonalizzazione di tali processi; laddove, ad esempio, i dipendenti delle banche d’affari o dei grandi gruppi d’interesse siano costretti a portare avanti dei risultati che prescindano o contrastino con i propri orientamenti etici. La denuncia vale tanto più se si considera che oggi, gran parte delle transazioni che avvengono sui mercati borsistici sono il frutto di calcoli elaborati dai computer sulla base di algoritmi sempre più sofisticati. In tal senso, la Chiesa sa bene che se l’unico principio regolatore è il profitto, intere popolazioni possono essere sprofondate nella miseria senza che alcuno nutra alcun rimorso.  

 

 

(Paolo Nessi)