I minatori della Carbosulcis hanno trascorso la terza notte a 373 metri di profondità. Dalle 22.30 di domenica si trovano a Gonnesa nei pozzi di Nuraxi Figus. La protesta ha come obiettivo quello di convincere il governo a sostenere l’intervento per non fare morire la miniera, e con essa i suoi posti di lavoro. Ilsussidiario.net ha intervistato Giovanni Matta, segretario generale di Cisl Sardegna.



Che cosa ne pensa della protesta nelle miniere Carbosulcis?

E’ la testimonianza della drammaticità del mondo del lavoro sardo, che in questo momento non trova altri mezzi per difendersi che asserragliarsi in miniera per difendere il posto di lavoro.

Da che cosa nasce questa crisi?

Questa crisi nasce dall’incertezza che dura da 20 anni sul futuro della miniera e della centrale. Dopo due decenni di promesse, impegni e progetti, di tecnici pagati fior di quattrini, il progetto non è ancora omologabile, l’intervento non si può realizzare e il rischio è la chiusura della miniera e la perdita di un’importante risorsa per il Paese. La risorsa del carbone della Sardegna è l’unica miniera di carbone che ha ancora l’Italia.



Qual è la responsabilità dell’attuale governo e di quelli passati?

La responsabilità del governo è che a oggi, nonostante gli impegni, non si pronuncia rispetto a che cosa intende fare nei confronti di quest’importante opportunità. Si parla di produrre energia da carbone, andare verso alcune opportunità alternative agli idrocarburi, ma il governo non ha scelto e nel caso della miniera del Sulcis addirittura pare che voglia scegliere di non intervenire e di non valorizzare il progetto.

Anche la Regione ha commesso degli errori?

La sua responsabilità è non avere presentato per tempo un progetto di qualità. La Regione in materia di energia ha potestà primaria, e gli articoli 3 e 4 dello Statuto speciale le affidano qualunque competenza e qualunque capacità per quanto riguarda sia le politiche di produzione sia le scelte strategiche per attivare il parco di generazione. La giunta Cappellacci non ha brillato più delle altre.



Il tempo perso potrà essere recuperato?

Da 20 anni si parla di gassificazione e della possibilità di utilizzare in modo alternativo il carbone Sulcis. Ci siamo baloccati attraverso suggerimenti tecnici e inseguendo teorie tecniche, ma alla fine la Regione non ha scelto. Il rischio è che si sia perso del tempo prezioso e non ci siano più le risorse per realizzare un intervento. Il vero pericolo è che non ci siano risorse pubbliche, neanche a livello comunitario, per realizzare un simile progetto. Mentre per quanto riguarda l’intervento dei privati, il progetto non è ritenuto bancabile, soprattutto perché viene tolto il Cip6 e quindi si cancellano tutte le opportunità e tutte le possibilità per questo settore.

Per quale motivo la protesta è stata organizzata solo adesso, quando il problema esiste da 20 anni?

La protesta è esplosa adesso perché solo ora il governo afferma che non intende perorare la causa e sostenere il progetto in sede comunitaria. Nel marzo scorso il presidente Ugo Cappellacci, rientrando da un viaggio a Bruxelles, aveva dichiarato che era tutto a posto, in quanto era arrivato il via libera per il progetto e quindi finalmente i 400 posti della miniera erano salvi. Ci sarebbe stata inoltre la possibilità di realizzare a bocca di miniera una centrale per alimentare le grandi imprese energivore del Sulcis.

 

Poi che cosa è avvenuto?

 

Si è scoperto che il governo non intende sostenere questo progetto e neppure presentarlo in sede comunitaria. Lavoratori e sindacati si sono trovati quindi davanti a una vera e propria fandonia. E’ una condizione inaccettabile, e quindi i minatori hanno assunto toni drammatici, con un risvolto decisamente delicato dal punto di vista sociale. Il mio auspicio è che qualcuno che ha la facoltà di sentire lo faccia.

 

C’è ancora la possibilità di fare cambiare idea al governo?

 

Il 31 agosto è previsto un tavolo tecnico in sede ministeriale, con Regione e governo, per capire che cosa si vuole fare. Ci sono ancora i margini perché il governo faccia proprio il progetto, e la protesta è indirizzata anche in questo senso. Non dobbiamo dimenticare che non si sta chiudendo solo la centrale, ma nel Sulcis si sta consumando anche un dramma senza precedenti, si sta cancellando un pezzo dell’industria nazionale, e non solo regionale o territoriale.

 

(Pietro Vernizzi)