Alberto Gambino, giurista ed esperto di bioetica, interviene sulla sentenza della Corte di Strasburgo che avrebbe rilevato una incoerenza nel nostro ordinamento tra due leggi, la legge 40 sulla procreazione assistita e la 194 sull’interruzione di gravidanza. I coniugi Rosetta Costa e Walter Pavan – che non hanno affatto esaurito i gradi di giudizio previsti dal nostro ordinamento – sono ricorsi a Strasburgo per poter accedere alla Fivet e avere così un figlio sano, pur essendo portatori sani di fibrosi cistica. In realtà la legge italiana consente l’accesso a queste tecniche solo alle coppie infertili, vietandolo a chi può avere figli per vie naturali.
Professore, che cosa è accaduto con quest’ultima sentenza della Corte di Strasburgo?
La Corte di Stasburgo, in fase di giudizio di prima istanza, dunque non definitivo e dunque con provvedimento impugnabile, avrebbe affermato (il condizionale è d’obbligo perché ancora non abbiamo il testo della decisione) che la legge 40 sulla procreazione assistita sarebbe in contrasto con la legge 194 sull’interruzione della gravidanza, in quanto quest’ultima consente di fare esami anche invasivi sul feto, come l’amniocentesi, al fine di valutare la presenza di certe malattie genetiche, mentre la legge 40 non consente di effettuare esami invasivi sull’embrione, come la cosiddetta diagnosi preimpianto, con la quale si prelevano alcune cellule per esaminarle.
La Corte ha bocciato dunque l’impossibilità di accedere alla diagnosi preimpianto. Quali conseguenze ha questa “bocciatura”? In che cosa si traduce dal punto di vista dell’accesso alle tecniche?
Intanto dobbiamo aspettare una decisione definitiva, poi se la tesi passasse significherebbe che coppie con queste problematiche potrebbero chiamare a loro supporto i principi applicati dai giudici di Strasburgo.
La Corte ha individuato una “incoerenza” nella normativa del nostro ordinamento. Ma allora, ben venga la sentenza della Corte europea: dobbiamo intervenire sulle nostre leggi. È così?
Ritengo che l’incoerenza non ci sia. La legge 194 consente diagnosi sul feto perché effettuate con tecniche aventi rischi ritenuti accettabili, mentre la legge 40 esclude tali diagnosi perché sottrarre una o due cellule da un embrione di poche cellule significa in diversi casi menomarne definitivamente l’integrità e provocarne la morte.
La Corte ha dato ragione a due coniugi che vogliono ricorrere alla Fivet per avere la garanzia di un figlio sano. Quali considerazioni suggerisce questo fatto? Esiste un diritto a un figlio sano?
Non esiste un diritto a un figlio sano, ma un interesse, un desiderio, che se assorto a diritto nella fase della vita nascente con rischi di imperfezioni, farebbe retrocedere l’essere umano a mero materiale biologico.
I giudici di Strasburgo nella sentenza hanno richiamato l’articolo 8 della Convenzione: “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare”. Che significa questo riferimento?
Non è la prima volta che questo articolo viene richiamato in un’accezione del tutto riduttiva, cioè come se la vita familiare fosse solo quella dei desideri e delle aspettative della coppia senza considerare la presenza e i diritti all’integrità fisica e allo sviluppo dei soggetti più fragili, come coloro che sono stati appena concepiti . Così il diritto alla vita privata e familiare finisce per trascurare indebitamente lo spessore giuridico di diritti e interessi di altri esseri umani che fanno parte della stessa famiglia.
Esiste la possibilità di una deriva eugenetica?
Sì, esiste certamente la possibilità di una deriva eugenetica se solo si riflette che proprio nel caso della fibrosi cistica che ha dato origine a questo caso, l’esito di tanti esami che danno un risultato infausto in realtà non implicano affatto che gli embrioni saranno malati, ma che, come i genitori, saranno portatori sani della patologia. È giusto eliminarli per questo? Allora la coerenza richiamata dalla Corte implicherebbe che venissero eliminati anche i genitori… Questa sarebbe selezione eugenetica aberrante. Perché, eliminare embrioni portatori sani come i genitori non è lo stesso?
Non è la prima volta che due ordinamenti, il nostro e quello europeo, entrano in conflitto.
Grazie al cielo non è un contrasto tra ordinamenti, ma n vaglio di coerenza circa leggi tutte italiane e trattandosi di interpretazioni, i giudici di Strasburgo possono sbagliare e non sarebbe la prima volta.