L’Italia “non può stare a guardare i tentativi di aggressione” del suo ordinamento interno ad opera di magistrati europei, “prendendo sempre schiaffi in primo grado”, per poi assistere al “ritorno sui propri passi in secondo” da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha sede a Strasburgo. Al contrario, il governo “deve fare ricorso alla Grande chambre” e “andare nel merito perché tutto quanto stabilito dalla sentenza di primo grado è in contrasto con i principi europei” che riconoscono l’autonomia degli stati in tema di fecondazione assistita. Non ha dubbi a riguardo Aldo Loiodice, docente di diritto costituzionale all’Università di Bari che, intervistato dal Sussidiario.net, dice: “auspichiamo che in secondo grado i giudici siano distanti dalle parti e si occupino dei principi e del diritto oggettivo”. 



In materia di fecondazione assistita, la recente sentenza di primo grado della corte di Strasburgo sul caso coniugi Pavan contro Italia ha dichiarato la legge 40 lesiva del diritto al rispetto della vita privata e familiare dei ricorrenti nonché “incoerente” con l’ordinamento italiano. La corte ha perciò stabilito che l’Italia dovrà versare ai coniugi 15 mila euro per danni morali e 2.500 per le spese legali.



Come giudica la sentenza?

Mi limito a constatare che c’è già stato un precedente caso analogo in materia di procreazione assistita in cui la Corte in primo grado ha concesso a una coppia austriaca di ricorrere alla fecondazione eterologa, vietata dall’ordinamento nazionale, giudicando il divieto lesivo dei diritti di cui all’articolo 8 della Cedu, salvo poi tornare sui suoi passi dicendo che su questi temi ogni stato è libero di scegliere che principi darsi. Nel frattempo in Italia tre tribunali (Milano, Firenze e Catania) hanno rimesso la questione alla Corte costituzionale, anche se tutto è finito in un nulla di fatto perché il secondo grado della corte di Strasburgo ha poi annullato la sentenza del primo. Quello che dico è che non possiamo ogni anno assistere alla stessa dinamica, ossia fare l’esperienza del primo grado di Strasburgo che tenta di aggredire l’Italia, o un altro stato europeo, per poi vedere la Corte tornare sui suoi passi.



Oltretutto la coppia italiana non si è nemmeno rivolta ai nostri tribunali, il che dovrebbe rendere inammissibile il loro ricorso alla Corte europea. Alla Corte infatti si può ricorrere soltanto quando si sono esauriti tutti i gradi di giudizio nella nazione.

È vero, e l’inammissibilità del ricorso alla Corte europea da parte dei coniugi è un profilo preliminare che potrà essere preso in considerazione qualora il governo italiano dovesse ricorrere in appello. L’Italia poi dovrebbe andare anche nel merito perché tutto quanto è stabilito dalla sentenza di primo grado è in contrasto con i principi europei che riconoscono in queste materie piena autonomia decisionale agli stati.

Il ministro della salute Balduzzi ha dichiarato che “ci sono gli elementi per promuovere un ulteriore chiarimento giurisprudenziale”. Crede che il governo farà ricorso?

Vede, non è che si può chiedere un chiarimento giurisprudenziale senza poi andare in appello. Io credo che il governo debba fare ricorso alla Grande chambre. L’Italia non può tutte le volte prendere schiaffi in primo grado standosene lì sempre a subire per via dei soliti collegamenti personali che esistono in certi casi.

 

Cosa dovrebbe cambiare?

 

È difficile cambiare qualche cosa. Dovrebbero essere i rappresentati dell’Italia nell’avvocatura a sollevare il problema, perché è un problema di attività interna al processo. Ma se un avvocato condivide la legittimità in simili casi del ricorso alla diagnosi preimpianto, voglio proprio capire come farà a difendere l’Italia.

 

Cosa bisogna attendersi dai giudici di Strasburgo?

 

Auspichiamo che in secondo grado siano distanti dalle parti e si occupino dei principi e del diritto oggettivo.

 

(Matteo Rigamonti)

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