Il cardinale Carlo Maria Martini è morto. L’annuncio è stato fatto dall’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola. La notizia era attesa poiché già nella serata di giovedì era stata data notizia dell’aggravarsi delle condizioni di salute del presule, affetto dal morbo di Parkinson. Gruppi di fedeli e di giornalisti pertanto stazionavano in preghiera e in attesa di notizie davanti all’Aloisianum di Gallarate, il collegio dei gesuiti dove Martini si era ritirato a vivere. Qui l’annuncio è stato fatto da un anziano sacerdote: «Martini è morto. Era un grande uomo, un grande studioso, ci ha lasciato tanti insegnamenti: era un uomo di Dio».



Immediatamente è stato avvisato del decesso anche Benedetto XVI, che già da tempo seguiva da vicino la situazione: l’ultimo incontro tra il Santo Padre e il cardinal Martini è avvenuto domenica 3 giugno in una stanza riservata dell’Arcivescovado milanese, in occasione dell’Incontro mondiale delle famiglie: un incontro più che riservato, un quarto d’ora in cui i due uomini di fede si sono salutati per l’ultima volta.

Nato a Torino il 15 febbraio 1927, Carlo Maria Martini entrò nella Compagnia di Gesù all’età di 17 anni. Dopo aver compiuto gi studi presso l’Istituto sociale di Torino, viene ordinato sacerdote il 13 luglio 1952. Prosegue negli studi biblici e nel 1978 viene nominato da papa Paolo VI rettore della Pontificia Università Gregoriana. Il 29 dicembre 1979 venne nominato, a sorpresa, da papa Giovanni Paolo II, arcivescovo di Milano in sostituzione del cardinale Giovanni Colombo, dimessosi per motivi d’età. Un lungo vescovato il suo, che si concluse l’11 luglio 2002 quando il Papa accolse le sue dimissioni per raggiunti limiti d’età, e che è stato contraddistinto da un costante dialogo con tutte le componenti della società fino alla costituzione di una “Cattedra dei non credenti”, momento di confronto e discussione tra cristiani e non. Dopo aver lasciato la guida della diocesi ambrosiana, il cardinal Martini si ritirò a Gerusalemme per proseguire i suoi studi biblici ma nel 2008, per l’acuirsi del morbo di Parkinson di cui soffriva da anni, dovette rientrare in Italia. 

Nonostante la malattia lo indebolisse, ha proseguito pressoché fino all’ultimo una intensa attività di studi e di saggistica, e di dialogo anche attraverso la cura di una rubrica settimanale di lettere sul “Corriere della Sera”. Particolarmente toccante l’ultima visita alla redazione del quotidiano, accompagnato dal suo segretario don Damiano Modena, indispensabile aiuto per poter continuare il dialogo con le persone da lui sempre cercato e alimentato.