Oggi, 17 settembre, la Chiesa Cattolica ricorda la figura di San Roberto Bellarmino, nato a Montepulciano (Siena) nel 1542 e morto a Roma il 17 settembre 1621. Nato presso una famiglia numerosa di una nobiltà ormai in decadenza, era figlio di Vincenzo Bellarmino e Cinzia Cervini, sorella del papa Marcello II. Per volere di sua madre Roberto intraprese gli studi religiosi in un collegio gesuita e, compiuti i diciotto anni, entrò a far parte della Compagnia di Gesù nonostante il volere contrastante del padre che desiderava per lui una carriera laica nel campo della politica. Profondo conoscitore ed estimatore della letteratura scrisse, in prima persona, alcuni piccoli poemi ispirandosi all’autore latino Virgilio. In seguito intraprese studi letterari in ordini religiosi, dapprima a Firenze e Mondovì, per poi cominciare gli studi di teologia a Padova e completare le sue conoscenze a Lovanio nelle Fiandre, dove ebbe modo di ampliare la sua cultura studiando le eresie più rilevanti di quei tempi. A partire dal 1570 Roberto Bellarmino divenne un predicatore e un insegnante molto conosciuto e rispettato. Dopo aver iniziato la sua carriera di insegnate a Lovanio, la città in cui si era specializzato, il papa Gregorio XIII lo richiamò in Italia affidandogli la direzione di una nuova cattedra di Apologetica nel Collegio Romano. Lo stesso Collegio Romano nel 1588 lo nominò “Direttore Spirituale” e due anni dopo fu inviato dal papa Sisto V in Francia, con la supervisione del cardinale Gaetano, per difendere la Chiesa Cattolica in seguito ad una lotta civile nata tra i cattolici e gli ugonotti. Terminata la missione in Francia Bellarmino tornò al suo vecchio lavoro di insegnante e parroco e, nel 1592, venne nominato rettore del Collegio Romano. La sua carica durò due anni e nel 1594 ricoprì il ruolo di Proposito della provincia di Napoli, mentre nel 1597 su richiesta del papa Clemente VIII tornò a Roma e venne nominato “Esaminatore dei Vescovi e Consultore del Sant’Uffizio”. Roberto trascorse gli ultimi anni della sua vita nell’austerità più totale, nella preghiera e nel digiuno, nonostante la sua salute fosse alquanto cagionevole.
Fu molto vicino alla gente meno abbiente alla quale lasciò gran parte dei suoi averi e riuscì ad ultimare la stesura di un piccolo e di un grande catechismo. Intanto la sua salute peggiorava e il 17 settembre 1621 morì a Roma. Dopo poco tempo venne proposta la sua beatificazione dalla Compagnia di Gesù, che ebbe inizio nel 1627 con il papa Urbano VIII. In seguito ad alcune vicissitudini, fu beatificato il 13 maggio 1923 da papa Pio XI e canonizzato sette anni dopo, il 9 giugno 1930.