Nella vicenda delle foto rubate ai principini d’Inghilterra si confrontano due  punti di vista, due visioni del mondo, due principi ugualmente importanti  da difendere: quella della libertà personale e quello della libertà di stampa. Non si tratta quindi solo di gossip, l’attenzione del mondo non è maniacalmente puntata sul candido seno di Kate. C’è qualcosa di più, di cui discutere. E’ evidente che parteggiamo per la coppia reale, che giustamente merita di passare il tempo come vuole, dove vuole, di prendere il sole e spalmarsi la crema in santa pace. Tra l’altro, un seno nudo non fa scandalo a Rimini, perché tanto clamore per la moglie dell’Erede al trono? Perché è la moglie dell’erede al trono, e gode, nonostante la perdita totale di senso del sacro del nostro tempo, di una sorta di aura sacrale che attribuiamo ancora ai sovrani: riconoscendo loro un ruolo e una funzione, quella di guida di un popolo, che implica anche determinate virtù morali, tra cui quella del pudore, della prudenza.



Ancora? Dopo tutti gli scandali della corte dei Windsor? Dopo le paparazzate a Diana, le accuse velenose sulla sua morte, l’amante di Carlo, le scorribande di Margareth, di Sarah Ferguson, le stupidate adolescenziali e non più adolescenziali del birichino Harry? Quella è una terra dove ci si commuove a Good Save The Queen, dove si apprezzano i capellini di Elisabetta. E giustamente, ogni paese sceglie e riconosce i segni della propria identità, inutile fare dell’ironia per  fingere di poter essere senza radici. Si è cittadini del mondo quando si ha una casa cui ritornare, di cui si amano le tendine a quadretti.  E allora, se tale responsabilità hanno i possessori di titoli nobiliari, usino buon senso e accortezza, sappiano svelare e velare, che è il metodo migliore per attirare un interesse e affetto non morbosi. Hanno grandi palazzi dove denudarsi a bell’agio, la privacy di un personaggio pubblico, e loro lo sono più di Beckam, non è privata per niente.



Poi possiamo discutere sulla mentalità malata di chi si stuzzica  a guardare il petto minuto della principessa, e chiederci perché mai la stampa scandalistica  abbia tanto successo a posizionare arsenale fotografico per carpire i segreti delle star. Servizio pubblico? Mah. Se Kate fosse stata in compagnia di un amante, forse sì. Sgradevole, finché si vuole, ma i sudditi avrebbero avuto il diritto di conoscere la fedeltà di una sposa reale. Ma non è questo il caso. 

Però, la querela, la richiesta pressante di consegnare gli scatti, la condanna e l’ammenda (risibile, peraltro: 10mila euro un giornale con le foto del topless di Kate li rimpiazza in fretta), hanno del grottesco. Ma chi si credono d’essere? Quali privilegi pretendono, oltre a tutti quelli che hanno per nascita?  Una battaglia per ridimensionare  certo giornalismo guardone? Ricordiamo la durezza con cui il gruppo Murdoch ha giustamente pagato la sua feroce mancanza di buon gusto e invasione nel privato. Ma è una battaglia da fare per tutti, non a partire da Buckingham Palace.



Senza contare il rischio di un precedente: a quanti giornali si può imporre di ritirare foto rubate, a quanti altri di nascondere una verità scomoda? Il seminudo di Kate non disturba la vista del bambini. Meglio questa piccola umiliazione, provvida di maggiori attenzioni future, che il marchio della censura. Per due reali giovani, oltretutto, è poco strategico, a livello d’immagine. Chi può stabilire fin dove la stampa può spingersi? I Parlamenti, dopo animate discussioni e considerazione di vantaggi e svantaggi e prezzi pesanti da pagare. Semmai il vero problema è nella maturità del pubblico, che certi giornali li compra e ne finanzia la florida esistenza. Quando la stampa d’informazione, se non si pone allo stesso livello, va male, malissimo. E’ più interessante vedere il fisico della Middleton che sapere quel che succede a Tunisi o a Gaza? Questo è il segno di un degrado culturale  e morale vero.

Quanto alla stampa nostrana, che s’indigna e s’inalbera per lo scoop  del gruppo Mondadori,  che ipocrisia, signori miei. Ci avete propinato  le parti intime degli onorevoli, la cellulite delle star tv più amate, sappiamo delle frequentazioni di letto di politici, cantanti, attori; per anni avete  insozzato le vostre pagine con i pruriginosi  e piccanti resoconti delle presunte escort del premier;  ci finì di mezzo il povero primo ministro ceco, Topolanek, poverino, con quel nome da fumetto, immortalato come un novello Adamo nella villa di Berlusconi in Sardegna. Allora non valeva il diritto alla privacy? Perché due pesi e due misure? Semmai, il seno di Kate ci par vista migliore che le pudenda di Topolanek o di Casini (altro celebre fotogramma estivo). Se si usano due pesi e due misure, allora significa al solito buttarla in politica. E in politica, secondo me, è più scandaloso chi viene beccato a pagare mazzette, che chi mette a nudo il suo corpo.