Mia figlia ha quindici anni. Carina, si sente grande. Da quando è entrata al liceo vive in adorazione del suo professore. Niente di speciale, bravo, ci sa fare coi ragazzi. Lei è una testa matta, adolescenza presa male, molti genitori mi capiranno. Qualche volta le ho dovuto sequestrare il cellulare. Per controllarla, questa amicizia col prof trentenne non mi va giù. L’altro giorno è uscita, è andata da lui, che l’ha fatta salire sulla sua Fiesta e insieme sono scappati in Francia. Così sanno e lasciano trapelare i suoi amici. Faccio un appello a tutti quelli che li hanno visti, alla polizia francese, perché li fermino e riportino a casa la mia bambina.
Non è un incubo o la sceneggiatura di un film generazionale. La storia è vera, attraversa la Manica, riguarda Megan e il suo insegnante di matematica, Jeremy. Fuggiti, rapiti dall’amore oltre confine, cioè oltre le convenzioni, il controllo dei genitori, l’ambiente che non capisce e giudica. Non è una storia nuova, basterebbe sfogliare i feuilletton d’antan. Non c’era la macchina, ma le carrozze, dettagli. Si può fermare l’amore? Farlo sottostare a regole sciocche quali l’età? L’amore è cieco, lo dice anche il proverbio. E la storia è piena, anche in tempi non così lontani, di passioni travolgenti tra lolite e maestri premurosi, fanciulle in fiore e poeti paludati. A quindici anni si è perfettamente in grado di scegliere a chi concedersi, anima e corpo. Solo che questa considerazione non è letteraria o giornalistica, ma delle autorità giudiziarie francesi, allertate perché intercettino la sventatella. Per la legge di Francia infatti la ragazza è maggiorenne per l’amore, punto. In Gran Bretagna bisogna avere un anno in più, altrimenti l’adulto impalmatore corre guai giudiziari seri. In Francia no. Il lui in questione non ha precedenti penali, non risulta un criminale, semmai la scannasse allora è diverso, ma così… Diritto alla privacy, hanno detto i media, consulenti legali e sociologi, papà e mamma si rassegnino, o si rallegrino della sua felicità.
Poi le cose a volte sono semplici: i due innamorati fuggitivi sono stati avvistati mentre passeggiavano, mano nella mano, gentilmente, fermati, si sono recati buoni buoni in commissariato e son stati messi in contatto con avvocati e familiari. Lui dovrà rispondere alla giustizia inglese, che speriamo gli faccia una bella ramanzina, accertate le sue facoltà mentali. Qualcuno invocherà il carcere duro, qualcuno si indignerà nei confronti dell’ingenua ragazzina.
Ci si potrà interrogare per settimane sulla precocità dei nostri giovani, sulle precauzioni da prendere, infangare un po’ il sistema scolastico, tanto per. Come se quindici anni e 365 giorni facessero la differenza. Ma se sono decenni che dispensiamo ai nostri figli e a noi stessi un’ida di libertà che è far quel che si vuole. Che li invitiamo a correre, a bruciare le tappe, a provare tutte le emozioni, che altrimenti la vita è pedante e pressa; a ragionare sugli ottusi condizionamenti della morale sessuale. C’è differenza tra vedere la propria figlia scappare all’estero con un uomo maturo (maturo, a trent’anni, oggi?) o infilarle nel portapenne una scatola di pillole o preservativi, per l’evenienza? Che lasciarle l’appartamento perché ci dorma col ragazzo? Che applaudire le divette del cinema, della tv che se la spassano con vecchietti di fama, con Oscar nel curriculum o importanti poltrone politiche? Allora, niente ipocrisie. Tra l’altro, la storia che ci arriva dall’Inghilterra è oscura. Il patrigno di Megan conosceva bene il seduttore (e se la seduttrice fosse lei? Avete in mente certe quindicenni, davanti alla cattedra di un insegnante?). La storia del telefonino che era già stato in mano alla polizia non quadra. Perché mai? Cosa temevano e sospettavano i genitori? Avevano denunciato già prima? Se sì, come hanno fatto a fuggire?
La cronaca farà luce. Quel che conta è riflettere sul caso: ci scandalizza? Riflettiamo su come parliamo dell’amore. Che esempi di amore diamo. Che affetto, cura, attenzione diamo ai nostri ragazzi. Quanti no sappiamo motivare, serenamente. A Megan, auguro che abbia fatto una sciocchezza e se ne renda conto in fretta, e bene, che non debba subire o soffrire, neanche psicologicamente. Che torni a casa, vergognandosi un po’ di aver buttato via la sua giovinezza (c’è una verginità del cuore, prima che quella fisica) con un marpione, probabilmente, che difficilmente le dedicherà la vita. E se invece avesse trovato il principe azzurro, pronto a fare famiglia con lei, aiutandola pure a superare gli scogli della matematica? Peccato oggi non credere più alle fiabe.