L’estensione dell’Imu ai beni di proprietà della Chiesa rischia di saltare. La causa? La mancanza del decreto attuativo del ministero dell’Economia, atteso per la fine di maggio, senza cui dal primo gennaio 2013 la Chiesa non sarà costretta a pagare l’imposta. Secondo Milano Finanza, che ha rilanciato la notizia, il provvedimento approvato dal governo Monti non può essere utilizzato senza che il Tesoro definisca prima quali attività sono da considerare no profit, quindi esenti dall’Imu, e quali invece attività commerciali a fini di lucro. Da via XX Settembre fanno intanto sapere che non ci sarà “nessuna proroga all’imposta, il decreto arriverà a breve e poi dovrà passare l’esame del Consiglio di Stato. Il ritardo si deve all’esame complesso della materia, ma questo non pregiudica la corretta applicazione della norma, anche perché la scadenza della prima rata è il 16 giugno 2013”. Come spiega a IlSussidiario.net il professor Alberto Gambino, docente di Diritto privato presso l’Università Europea di Roma, «avevamo già discusso questo tema nel momento in cui il governo Monti aveva dichiarato che avrebbe rimesso mano al tema delle imposizioni fiscali nei confronti di attività commerciali di enti, associazioni e soggetti di diversa natura che non hanno finalità lucrative. Anche in quel caso – spiega Gambino – avevamo sottolineato quanto fosse particolarmente difficile operare una distinzione netta tra attività lucrative e non, proprio perché vi sono molte attività che, pur essendo commerciali, tuttavia non hanno un intento lucrativo perché risultano essere di supporto ad altre che hanno invece finalità sociali. In questi casi diventa quindi estremamente complicato individuare quali sono quelle porzioni di immobile in cui vi sono effettivamente attività a fini di lucro». Gambino ribadisce dunque l’importanza di sottoporre a regime fiscale pieno «qualsiasi soggetto che compie attività d’impresa con fini di guadagno personale».
Tuttavia, qualora vi fossero degli intenti finalizzati a supportare e foraggiare attività non profit, «questi dovranno rientrare nell’esenzione che per altro riguarda non solo la Chiesa ma anche altri enti e associazioni. Credo quindi sia proprio a causa di questa difficoltà di distinzione che il decreto sia ancora in via d’ultimazione, ma è naturale auspicare maggiore chiarezza. Ben vengano sollecitazioni come queste nei confronti del governo, – conclude Gambino – chiamato a trovare in tempi brevi una soluzione, soprattutto in vista delle scadenze da rispettare. Il governo deve fare adeguatamente il suo compito, ma rispettando quei principi già sottolineati in passato nella fase di promulgazione del provvedimento».
(Claudio Perlini)