Tra le principali novità del decreto sanità emanato ieri dal Consiglio dei ministri, c’è il medico di base 24 ore su 24. Questo, in sostanza, significa il provvedimento espresso in termini non propriamente comprensibili, ovvero, classicamente, burocratici-ministeriali, laddove afferma che si agevolerà «l’integrazione monoprofessionale e multiprofessionale per favorire il coordinamento operativo tra i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, gli specialisti ambulatoriali, secondo modelli individuati dalle Regioni anche al fine di decongestionare gli ospedali». Si favorirà, in sostanza, la nascita di associazioni di medici di base, in modo da limare i disagi, per i cittadini, derivanti dal processo di de-ospedalizzazione. Fabrizio Pregliasco, Direttore sanitario della Casa di Cura Ambrosiana di Milano e vicepresidente nazionale dell’Associazione nazionale pubbliche assistenze (Anpas) illustra a ilSussidiario.net i vantaggi del decreto. «Credo che la misura sia estremamente valida, in termini di servizi per il cittadino. L’istituto della guardia medica, infatti, non sempre, in questi anni, è stato in grado di garantire la continuità assistenziale al paziente. In molti che non avevano a disposizione il medico di famiglia in una determinata fascia oraria è invalsa l’abitudine di recarsi presso il pronto soccorso, provocandone la congestione. Anche, e soprattutto, per questioni ove non si ravvisa l’urgenza. Ricoveri non giustificati dall’effettiva esigenza sanitaria. D’altro canto, questi pazienti, spesso non hanno scelta. La misura, quindi, ridurrebbe la spesa sanitaria, consentendo di concentrarla sugli interventi effettivamente urgenti». Dal punto di vista dei cittadini, quindi, si tratta senz’altro di un beneficio. Resta da capire come l’hanno presa i medici di base stessi. «Mi risulta che la Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) apprezzi il provvedimento. Chi svolge il ruolo di guardia medica, a fronte di un leggero guadagno ulteriore, si trova spesso in condizioni di lavoro estremamente difficili. Non di rado, per intenderci, capitano episodi di aggressione, specie nei confronti di medici donne».
Non solo: «il medico generico che lavora singolarmente si è trovato, nel tempo, sempre più in difficoltà a reperire, ad esempio, qualcuno che potesse sostituirli. L’associazione consentirebbe a ciascun medico maggior libertà. Nel medesimo studio, infatti, ci sarebbero più professionisti in gado di operare su turni». I costi, infine: «va da sé che iniziative del genere abbatterebbero le spese di segreteria e degli affitti». Fabrizio Pregliasco,