Persiste attraverso il Mediterraneo un traffico di disperati in cerca a qualsiasi costo di tranquillità e di lavoro in Europa. Queste persone si affidano perciò a caro prezzo a passatori senza scrupoli che le sfruttano organizzando per loro dei viaggi temerari la cui conclusione non di rado è tragica. Due naufragi recenti sono venuti a ricordarcelo: uno, costato la vita a circa cinquanta sventurati, di un’imbarcazione andata a fondo due giorni fa nei pressi dell’isolotto di Lampione, prossimo a Lampedusa; l’altro verificatosi al largo della città turca di Smirne con un probabile analogo numero di vittime. Sono due tragedie avvenute ai due estremi di tale flusso, che muove per lo più dalle coste della Turchia e di altri paesi della riva sudest e sud del Mediterraneo verso le nostre isole Pelagie o anche verso la Sicilia.



Fermo restando il dovere del pronto soccorso quando tali imbarcazioni raggiungono le nostre acque territoriali,  diversamente da quanto sostengono tante anime belle “politically correct” il problema non si risolve trasformando questi flussi migratori illegali in un modo legittimo di ingresso nel nostro Paese. Questi flussi migratori sono illegali, non autorizzati e come tali vanno gestiti. Anzi nella misura in cui li si tollera si fa l’interesse non delle persone coinvolte bensì di chi le sfrutta. Si alimenta infatti una speranza che spinge tali aspiranti all’immigrazione in Europa a dare fondo ai risparmi loro e delle loro famiglie per pagarsi le spese di un passaggio in condizioni terribili, e che non di rado appunto si conclude in tragedia. 



Resta pur vero tuttavia che come il contrabbando riempie le rotte commerciali precluse al naturale commercio legittimo, così la tratta di immigranti illegali prende il posto dei naturali flussi migratori legittimi. Come pure resta vero che l’assenza di pace e di speranze di sviluppo diventa spesso un motore irrefrenabile di esodi anche sconsiderati. 

In tale prospettiva ci si deve compiacere che il governo Monti, espressione di gruppi dirigenti volti da sempre con occhi estatici al Nord Europa “atlantico”, stia finalmente scoprendo il Mediterraneo. L’occasione è stata propiziata dalla piccola Cipro, avamposto dell’Ue nel Medio Oriente (dalle cui rive dista meno di un’ora di volo), e presidente di turno dell’Unione europea nel corrente secondo semestre 2012. Sotto la sua égida i ministri degli Esteri dei membri più mediterranei dell’Ue – ossia l’Italia, la Grecia, Malta e appunto Cipro – due giorni fa, alla vigilia di una riunione dei 27 ministri degli Esteri dell’Unione in programma ieri nella capitale cipriota, si sono recati al Cairo a incontrare il nuovo presidente egiziano Mohamed Morsi. 



Nella circostanza Morsi ha lanciato l’idea di una soluzione non catastrofica della crisi siriana basata sulla possibilità di un esilio concordato di Bashar Al Assad in un Paese arabo. La delegazione europea non ha fatto commenti diretti al riguardo, ma il ministro italiano Terzi di Sant’Agata − reduce tra l’altro da una visita a Gerusalemme dove aveva avuto incontri con autorità sia israeliane che palestinesi − parlando anche a nome degli altri suoi colleghi ha espresso un forte sostegno a Morsi annunciando un impegno a “far sì che i fondi della politica di vicinato dell’Unione europea, adesso destinati per due terzi all’Europa orientale e per un terzo al Mediterraneo, nei prossimi sette anni vengano riservati per due terzi al Mediterraneo”. Tanto più tenendo conto che in questi ultimi anni il Vicino e Medio oriente hanno malgrado tutto continuato a crescere economicamente senza subire il contraccolpo della crisi economica in atto nel mondo sviluppato, l’Italia, il Sud Europa (e di conseguenza anche il resto dell’Unione) hanno tutto l’interesse ad evitare da una parte che la Siria diventi un secondo Iraq e dall’altra che l’Egitto, paese-chiave dell’intero mondo arabo, si destabilizzi. 

Perciò è tra l’altro di cruciale importanza stornare definitivamente il rischio di un attacco israeliano all’Iran, che farebbe da detonatore a una crisi di incalcolabili conseguenze. Per adesso la minaccia resta in sospeso in attesa delle elezioni presidenziali americane. Tenuto conto della loro imminenza non c’è però tempo da perdere. In quanto principale Paese mediterraneo sia del G8 che dell’Unione europea l’Italia, come già altre volte abbiamo ricordato, avrebbe nel Mediterraneo un ruolo di antesignano che sin qui non ha mai adeguatamente svolto. La svolta verrà forse da questo governo, che nel midollo è il più “atlantico” che abbiamo mai avuto? Sarebbe una bella sorpresa. 

La politica estera italiana avrebbe tra l’altro un asso nella manica tutto suo, di cui però quasi mai sembra accorgersi: ovvero quello specialissimo vicino di casa che è la Santa Sede, la cui presenza diplomatica nel Vicino e Medio oriente è di straordinaria qualità. Questa volta se ne accorgerà? Sarebbe un’altra bella sorpresa.