E’ uno spettacolo pauroso, me ne rendo conto anch’io salendo su questo patibolo che è un ring dal quale a fatica teniamo lontano la folla vociante; posso immaginare che impressione faccia ai due ragazzi questo pozzo di gente urlante, anche se so che la prima regola del boia è eseguire gli ordini senza pensare, considerarsi uno strumento, necessario ma sostituibile, scelto a caso tra i miei commilitoni.
Avanziamo in un buio profondo, che mi stupisce perché si dirada solo intorno alle forche. Anche noi, con la divisa nera e i passamontagna che ci rendono irriconoscibili dobbiamo fargli una paura indicibile, mentre le grida della folla montano; e io, che ho il dovere di non pensare, non giudicare, mi chiedo quale vendetta chieda questa gente.
Dicono, diciamo che hanno peccato contro lo stato e contro Dio per un furto; io vedo, per me, l’ostinazione e il capriccio di un potente, ma nessun Dio.
I ragazzi sono disperati, guardo quello a lato che ha una smorfia congelata sul volto, la bocca semiaperta e la faccia terrea, bloccato per il raccapriccio o per un urlo trattenuto; quello che accompagno io, il mio, con le braccia legate dietro la schiena ha i movimenti limitati, può solo agitare la testa.
Per nascondersi, per scappare può solo piegarsi verso di me; dovrò ritrarmi?
Ah, che odore ha la paura, la sua disperazione, già il mio braccio è salito verso la sua spalla, ragazzo mio, amico mio.
Non capisco neanch’io.
Nel buio cerco sulle facce bestiali almeno il mio dubbio, la mia incertezza: in basso, schiacciate contro le sbarre, tre donne devono essere le uniche a gridare per loro, una piange con la mano aperta sul volto, le altre hanno la frenesia di chi vuole fermare l’inevitabile, già disperate per la loro debolezza. Tre donne ai piedi di chi muore.
Il buio che ci circonda mi sembra troppo denso, un fumo nero che ci toglie la vista; non c’è scampo, sono io che ti porto su questa strada, sotto il cappio; penso facciamo in fretta, che tu ti possa almeno togliere da questo terrore, visto che non c’è altra via.
La mia mente, adesso che tutto è finito, corre in luoghi dove non è lecito andare, su sentieri che non si possono percorrere; e se mi lasciassi andare a quello che reputo giusto, e cioè ad ammettere che non voglio un dio che chiede una simile vendetta, né che ci schiaccia con la paura della morte, e che non è degno di se stesso; se invece, come spero, ci potesse compatire e amare, sarebbe versare acqua sulla mia anima annichilita come su un terreno arido e spaccato, e avidamente berrei parole nuove.