Oggi, 30 gennaio, la Chiesa ricorda Santa Giacinta Marescotti. Nata il 5 marzo del 1585 a Vignanello, un piccolo paese della provincia di Viterbo, era di nobili origini: il padre Marcantonio Marescotti era un conte e la madre Donna Ottavia Orsini una contessa. Ancora bambina venne inviata, con le due sorelle Ortensia e Ginevra, a Viterbo presso il convento di San Bernardino per intraprendere un lungo percorso di studi. Pochi anni dopo il loro arrivo presso il monastero, Ginevra una delle due sorelle, decise di dedicare la propria vita a Dio, prese i voti e cambiò il proprio nome in Suor Immacolata. Ortensia e Clarice (il vero nome di Santa Giacinta) terminati gli studi decisero invece di tornare in famiglia.



Giovani e belle rampolle di una famiglia illustre e potente vennero introdotte nei migliori salotti dell’alta nobiltà. Conobbero molti pretendenti, ma solo uno colpì l’attenzione di entrambe le ragazze: il giovane marchese Paolo Capizucchi. Purtroppo Clarice, che da tempo sognava il matrimonio, non fu la prescelta. Sconvolta, delusa e amareggiata, dopo qualche settimana di isolamento volontario decise di ritornare nel convento di San Bernardino. Prese i voti e abbandonò il suo vero nome diventando cosi Suor Giacinta.



La conversione di Suor Giacinta era solo esteriore, la scelta di entrare in convento era stata una decisione affrettata dettata dalla cocente delusione amorosa. La giovane non si adattava alla vita spartana e semplice del convento, non voleva assolutamente vivere in una piccola e spoglia cella come le sue consorelle. Per mezzo del suo alto lignaggio riuscì a farsi riservare un intero appartamento, poi convinse due giovani novizie a prestarle continuo servizio. La fede e l’obbedienza non erano sicuramente nei suoi pensieri: cominciò così a condurre una vita mondana esibendo a volte anche comportamenti licenziosi e del tutto inappropriati per una religiosa.



Fu solo nel 1615 a seguito di un periodo di malattia che Suor Giacinta ebbe una crisi spirituale. Si pentì di tutti i suoi peccati e invocò sinceramente l’aiuto di Dio. Iniziò cosi il duro cammino di conversione, costellato di continui esercizi di penitenza e di preghiera. Suor Giacinta era finalmente rinata nella fede. Prese ad aiutare il prossimo e creò con l’aiuto di Francesco Pacini una confraternita, composta da laici, che si occupava di portare aiuto e solidarietà ai più bisognosi. 

Beatificata nel 1726, è stata canonizzata nel 1807 da papa Pio VII. I resti mortali della Santa sono conservati ed esposti a Viterbo, nel Monastero di San Bernardino nella chiesa a lei dedicata. Etimologia del nome: forma femminile del nome di origine greca Giacinto, può indicare il fiore omonimo oppure acquistare significato di “simile al giacinto” e ancora “blu scuro”.