“Il dramma della malattia che ha spinto questa giovane donna al suicidio è un dramma davanti al quale siamo impotenti”. Don Riccardo Zanchin, parroco della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo a Maserada sul Piave in provincia di Treviso, ricorda con affetto la giovane mamma che si è suicidata due giorni fa. Parlando con ilsussidiario.net ci racconta come tutta la comunità parrocchiale della cittadina sia stata vicina a questa donna che non è riuscita a sconfiggere una forte depressione post-parto, decidendo infine di impiccarsi nel garage della sua casa. Lascia oltre al marito due figli, uno di 5 anni e uno di soli nove mesi. 



Don Zanchin ci racconta che la famiglia era originaria del Kosovo, musulmani di nascita ma non praticanti. Proprio la comunità parrocchiale era stata però la chiave del loro inserimento nella realtà trevigiana, in cui vivevano da anni: “Non è mai facile per gli stranieri inserirsi in contesti specialmente di provincia. Conoscevo molto bene la signora, il figlio più grande infatti frequentava la scuola materna della nostra parrocchia. Ho cercato, ma abbiamo cercato tutti qui in parrocchia, di esserle vicino quando la malattia si è conclamata, sostenendola sia la livello personale che familiare”. 



Una bella famiglia, ci dice ancora don Riccardo: “La signora da quando si era ammalata era assistita dalla sorella del marito e il marito stesso si era impegnato moltissimo nei confronti di sua moglie, cercando di non lasciarla mai sola nonostante i suoi impegni di lavoro; era stato davvero bravo”. E proprio durante l’assenza del marito, la donna ha compiuto il terribile gesto: dopo aver accompagnato i figli alla scuola materna è tornata a casa, è scesa nel garage e si è impiccata alle travi portanti. Non ha lasciato alcun biglietto ai familiari. Il parroco di Maserada smentisce quanto scritto da alcuni giornali, sul fatto che la donna fosse rimasta sola con la sua malattia senza il coraggio di affrontarla: “Non era sola, abbiamo cercato di fare il possibile e la sua famiglia le stava vicino. L’avevamo anche accompagnata alla Asl per cercare di avere un supporto psicologico, e una suora del nostro asilo l’accompagnava periodicamente alle visite. La signora per un certo periodo era anche tornata a casa dai suoi genitori nel Kosovo ma purtroppo neanche questo era riuscito a tirarla fuori dalla sua malattia. Questo è un gran dolore per tutti noi che l’abbiamo conosciuta, era una donna molto buona”. 



Adesso, ci dice ancora il parroco, i genitori della scuola parrocchiale stanno organizzando una raccolta di soldi per sostenere la famiglia. “Non sappiamo cosa deciderà di fare il marito, adesso, se restare cioè in Italia o tornare nel Kosovo. La donna sarà sepolta nel loro paese di nascita e già domani il marito andrà a casa per seguire la sepoltura. Noi siamo pronti comunque a sostenerlo anche economicamente se deciderà di rimanere qui”.

Che cosa rimane adesso, dopo la sua morte? “Siamo di fronte alla malattia, la depressione era veramente molto forte. Rimangono il senso di misericordia e di dolore soprattutto pensando ai bambini ancora così piccoli. La fede ci dice che la vita anche quando si scontra con la morte è più forte, noi crediamo nella vita, nella resurrezione e nella misericordia per tutti coloro che vivono queste situazioni terribili. La vita continua e dobbiamo sostenere coloro che restano, questo è il nostro compito adesso”.