Lo spread arriva anche nelle parole del Papa: la parola che domina ormai da tempo le cronache finanziarie di quasi ogni giorno infatti è tra gli argomenti toccati da Benedetto XVI nel suo discorso di inizio d’anno. E’ giusto combattere lo spread, ha infatti detto, ma non bisogna dimenticare che c’è un altro indice differenziale che va combattuto, quello sempre più alto fra poveri e ricchi. Dunque la povertà è il punto a cui il Pontefice dichiara di pensare più di ogni altra cosa parlando di situazione economica: “Se preoccupa l’indice differenziale tra i tassi finanziari, dovrebbero destare sgomento le crescenti differenze fra pochi, sempre più ricchi, e molti, irrimediabilmente più poveri” ha detto. Si tratta di porre finalmente fine a una differenza insostenibile, ha spiegato, quella fra i pochi che sono sempre più ricchi e i tanti che sono “irrimediabilmente più poveri”. E’ lo spread del benessere sociale a cui non bisogna rassegnarsi mentre ci si occupa di quello della finanza. Stesso metodo andrebbe applicato anche fra le nazioni, ha detto ancora Benedetto, riferendosi alle differenze in atto fra paesi dell’Unione europea: i paesi più deboli non vanno lasciati al loro destino. Solo tutti insieme le nazioni potranno andare lontano: “educare a resistere alle tentazioni degli interessi particolari e a breve termine, per orientarsi piuttosto in direzione del bene comune”. In questo senso preoccupazione del Papa è che venga urgentemente formata una classe di leader che sappiano compiere scelte difficili ma necessarie per risanare l’economia e porre basi solide per lo sviluppo. Anche la Siria nelle parole del Papa e in generale la sempre drammatica situazione del Medio oriente: il riconoscimento della Palestina, ha detto, quale stato osservatore della comunità internazionale deve portare a un impegni di palestinesi e israeliani a una pacifica convivenza. In Siria invece vanno fermate le armi e deve prevalere un dialogo costruttivo perché questo conflitto non vedrà né vincitori né vinti ma solo sconfitti lasciando una distesa di rovine. 



C’è poi la situazione dei paesi del nord Africa protagonisti della cosiddetta primavera araba: “è prioritaria la collaborazione di tutte le componenti della società e a ciascuna deve essere garantita piena cittadinanza, la libertà di professare pubblicamente la propria religione e la possibilità di contribuire al bene comune”.

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