L’Italia è stata la prima in Europa a introdurre nel proprio ordinamento una legge “rivoluzionaria” come quella del Buon Samaritano che da dieci anni a questa parte consente di effettuare donazioni di alimenti eliminando tutti quegli impacci di carattere amministrativo e fiscale che erano di ostacolo. Oggi da più parti quella legge viene riconosciuta come molto avanzata in materia. Tanto che in futuro altri paesi della Comunità potrebbero adottare misure analoghe. Tuttavia, anche un meccanismo sano come quello previsto dalla legge 155/2003 rischia di incepparsi perché gli aiuti, in particolare quelli dell’Europa, si riducono drasticamente. Proprio nel momento in cui la povertà nel nostro paese sta aumentando. La legge, che sul fronte dell’aiuto ai nuovi poveri sta producendo ottimi risultati, è stata spesso attaccata “da chi in qualche modo può trarre un beneficio indiretto dallo spreco delle risorse. In un certo senso la legge sottrae a un circuito in ipotesi commerciale questa catena di distribuzione”. Abbiamo intervistato uno dei “padri” della legge, il professor Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale, al quale abbiamo chiesto di tracciare un bilancio su questi primi dieci anni di applicazione.



La povertà cresce e gli aiuti, mi riferisco in particolare a quelli dell’Europa, diminuiscono. Un meccanismo sano come quello della legge del Buon Samaritano non rischia di incepparsi?
La legge è estremamente semplice ed è idonea a funzionare molto agevolmente se non ci sono barriere burocratiche che possano interferire.



L’Italia è stata la prima in Europa a introdurre nel proprio ordinamento una legge che oggi viene riconosciuta come molto avanzata…
La legge prevede che le associazioni di volontariato che per fini di beneficienza, quindi senza alcuna ipotesi di lucro, ricevono alimenti destinati alla distribuzione verso chi ne ha bisogno, vengano equiparate al consumatore finale. In questo modo si superano tutti quegli impacci di carattere amministrativo e fiscale che erano di ostacolo.

Prima della legge non era possibile donare alimenti?
Anche chi aveva cibi in eccedenza preferiva buttarli invece di consegnarli a chi ne aveva bisogno piuttosto che affidarli alle associazioni caritative che li distribuiscono. Naturalmente non risolve il problema della povertà, ma sfama molte persone che hanno bisogno.



In questi dieci anni i numeri sono cresciuti parecchio.
Il Banco Alimentare, con Siticibo, nell’arco di tempo considerato è arrivato a distribuire mi pare fino a 3 milioni di pasti in un anno. E stiamo parlando di una sola organizzazione. Ce ne possono essere anche di “micro” che in sede locale raccolgono dai ristoranti o da chi commercia alimenti l’eccedenza invenduta che può essere distribuita anziché eliminata rappresentando, sotto questo aspetto, un costo e diventando invece un’opportunità per chi ha bisogno.

In futuro la legge del Buon samaritano, o qualcosa di analogo, potrebbe entrare in vigore anche in altri stati europei. È un’ipotesi percorribile in tempi brevi?
Non saprei quali discipline esistono negli altri paesi. Certamente quella legge è esemplare. Qual è la difficoltà che può incontrare?

Lo dica lei.

Essendo estremamente semplice, sorprende un po’. Perché in genere si avvertono le leggi come strumenti che complicano le attività e la vita. In questo caso la legge adempie invece alla sua funzione. Che sarebbe quella di rendere semplice le attività, in un clima di sicurezza ovviamente. Ma in questo caso non c’è nessuna possibilità di uso inappropriato dello strumento.

Sembrava l’uovo di Colombo ma la legge è stata spesso oggetto di attacchi. Chi aveva interesse a ostacolarla?
Concretezza delle situazioni sociali. Certamente può essere osteggiata da chi in qualche modo può trarre un beneficio indiretto dallo spreco delle risorse. In un certo senso la legge sottrae a un circuito in ipotesi commerciale questa catena di distribuzione. Non bisogna dimenticare un altro aspetto positivo.

 
Di cosa si tratta? 
La legge si muove in un contesto che la stessa Costituzione prevede in linea di principio. Cioè la solidarietà e la sussidiarietà. Solidarietà perché è una forma di sostegno nei confronti di chi ha più bisogno, essendo l’alimentazione la prima esigenza della persona. E sussidiarietà perché agevola iniziative autonome di cittadini che nelle organizzazioni di volontariato svolgono un’attività di interesse generale e non per loro stessi. Soddisfando in questo modo un bisogno, potremmo dire, senza costi per le strutture pubbliche. 

Dopo dieci anni di onorato servizio la legge del Buon Samaritano ha bisogno di qualche piccola manutenzione o può andare avanti benissimo così anche in futuro? 
A mio avviso la legge ha bisogno innanzitutto di applicazione. Manutenzioni in questo caso possono essere in realtà un veicolo per introdurre elementi di complicazione. Che è un rischio che evidentemente si corre. Perché oltre a incidere sulla realtà economica in chiave positiva, rendendo utilizzabile quello che infruttuosamente verrebbe eliminato e sarebbe un costo, la legge accantona un po’ sia le intermediazioni commerciali sia quelle burocratiche. Che in genere tendono ad appesantire le procedure con adempimenti che costituiscono un costo o sono motivo di dissuasione per chi fa iniziative.

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