Mia nonna la chiamava “la” Coltivatore diretti, ma non era avvezza di politichese allorché altri l’avevano battezzata la “Bonomiana”, in omaggio al fondatore Paolo Bonomi, piemontese di Novara. Comunque era nominata al femminile: come una mamma, come una casa. E tanti nel Dopoguerra ricordavano che fu grazie all’organizzazione dei contadini che iniziò un piano per sfamare gli italiani. Della Coldiretti, per tanti anni, si disse che era collaterale alla Democrazia Cristiana e fino a 25 anni fa, in ogni provincia italiana, veniva eletto un parlamentare che proveniva dalle sue file: una pattuglia di 80. Dalla Coldiretti uscirono dunque ministri ed anche un segretario della Dc come Benigno Zaccagnini. Ma il mondo, si sa, cambia e, secondo la teoria della ciclicità degli eventi, le forme del passato a volte si ripresentano.



Negli Anni Novanta, fresco di laurea in Scienze Politiche con il professor Miglio, mi trovai a dirigere un giornale della Coldiretti, Piemonteverde, dove mi toccò l’arduo compito di raccontare che il rapporto con la Dc stava cambiando. La Coldiretti si stava spostando da forza collaterale a forza sociale e il dogma politico s’era già appannato. Per dire cosa mi colpì di quell’organizzazione che conoscevo solo dai racconti di mia nonna, cito il movimento giovanile, che era un centro di formazione e di confronto eccezionale dei nuovi coltivatori diretti, più avvezzi al rapporto sociale rispetto ai loro padri (e da essi nacque l’agriturismo e poi la rete dei negozi e mercati di Campagna amica). Ma c’era anche il movimento femminile, fino alla rete dei consiglieri ecclesiastici. Insomma lì c’era l’Italia della famiglia, cattolica, soggetta ai vorticosi cambiamenti di questi anni, che avrebbero minato proprio i punti di riferimento.



Sergio Marini lo conobbi a Todi, 12 anni fa, durante un talk show sul palco col sindaco, Marini pure lei, oggi presidente della Regione Umbria. E mi colpì subito l’approccio moderno del suo argomentare, che poi in sette anni di presidenza nazionale lo ha portato a fare progetti per una Coldiretti più giovane, più aperta al mondo e decisamente più cosciente del valore sociale, economico e anche culturale di un’azienda famigliare che è sul territorio, nonostante le analisi filo-globali di quei soloni che sottraggono l’anima (o l’uomo) dalle proprie visioni. E non funziona mai. Oggi Marini, a Cernobbio, aprirà la due giorni del XIII Forum Internazionale dell’Agricoltura anche per dare ragione delle sue dimissioni, dopo un anno dalla rielezione. Un colpo di scena, annunciato al consiglio nazionale del 7 ottobre che ha scatenato dietrologie su faide interne e quant’altro.



Pare invece che Sergio Marini stia compiendo quella legge mai scritta dei ricorsi storici: vuole portare le istanze di una nuova agricoltura in politica, secondo un percorso che a questo punto si rende necessario. E probabilmente lo farà attraverso una Fondazione, con compagni di viaggio conosciuti in questi anni, anche di altre organizzazioni, dell’artigianato e quant’altro e magari, chissà, qualche uomo conosciuto proprio al Forum di Cernobbio, come Corrado Passera che qui ha svolto ogni anno, lucide analisi. E come sempre il centro, inteso come area politica, si affolla, anche se questa volta gli analisti politici non hanno dato il peso che merita. Eppure è una novità vedere un politico (o futuro politico) che comunque la si pensi appartiene a qualcosa e in nome di essa decide, in autonomia rispetto all’organizzazione madre, di attuare quella che si chiama assunzione di responsabilità. Bè, dopo tante manifestazioni di non politica prestate alla politica, questa “cosa bianca” appare decisamente inedita. E il ricorso storico ha l’immagine di una metafora che andava di moda – sembra paradossale – proprio quando la Coldiretti si staccava dalla Dc: non più cambiali in bianco. Ora quel lusso non lo si nega a un partito, ma a un’intera classe politica che in alcuni casi ha toccato livelli altissimi di personalismo e autoreferenzialità; in altri, come il governo delle larghe intese, sta cercando di mettere al centro (sempre questo centro), il bene comune. Quindi attenzione: qualcosa si muove e una balena bianca è stata avvistata nel quieto lago di Como. Potrebbe fare rumore: una balena è pur sempre una balena… e si nutre di pesci piccoli.

Leggi anche

GOLOSARIA/ Tre giorni a Padova per gustare il veneto: dai vongolari di Chioggia alla pizza gourmetGOLOSARIA/ Quel Monferrato in festa tra business e gustoPranzo di Natale/ I 10 tipi di verdure e quel pensiero (laico) che ci lega all'origine della Festa