La notizia non merita certo la prima pagina, ma suggerisce più di una riflessione.
A Calogero De Caro, 41 anni da Licata (AG) è stato contestato il reato di evasione dagli arresti domiciliari. De Caro è stato fermato fuori dalla propria abitazione: si è consegnato ai carabinieri spiegando che “non avendo di che mangiare, almeno in carcere due pasti al giorno sono garantiti”.
De Caro è un bracciante agricolo di 41 anni che non trova da lavorare da tempo. La moglie ha chiesto la separazione per presunte violenze in corso di accertamento. Vive in un tugurio, privo di acqua e luce e riscaldamento, e non ha di che sfamarsi. Dunque, meglio il carcere.
La cronaca locale racconta che portato al Commissariato è stato ovviamente rifocillato.
Il giudice poi lo ha, ovviamente, giudicato per direttissima.
Ovviamente è stato riportato agli arresti domiciliari.
Gli agenti del commissariato che lo hanno riaccompagnato a “casa” hanno fatto una colletta e gli hanno garantito di che cibarsi per qualche giorno. E poi?
Già! E poi? Calogero De Caro ha 41 anni. Secondo le odierne aspettative di vita potremmo definirlo “nel mezzo del cammin di nostra vita”; e, dunque, nel resto del cammino che gli auguriamo di poter fare in buona salute a chi e a cosa potrà fare affidamento? In una parola: quale sarà la speranza cui potrà aggrapparsi?
In questa vicenda ha conosciuto:
- la giustizia, nella persona dei giudici che hanno applicato la legge. (Siamo certi che anche i giudici mossi a compassione avrebbero fatto una colletta per sopperire alle sue prime necessità). Ma intanto la legge va applicata.
- Le istituzioni locali, alle prese con il patto di stabilità, la legge finanziaria, la riduzione dei trasferimenti statali e la carenza di finanziamenti per l’assistenza sociale. Speriamo troveranno il modo di aiutarlo.
- Gli agenti del commissariato, novelli samaritani del terzo millennio, che non hanno esitato a mettere mani nelle loro tasche che certo, in forza del contratto di lavoro offerto loro dallo Stato, non devono essere colme di molte banconote. Ma intanto non gli hanno negato un aiuto immediato.
Certo la crisi è crisi e non fa sconti a nessuno. Nemmeno ai genitori italiani che mandano i figli nelle scuole pubbliche che si sono visti aumentare il costo della refezione scolastica. I Comuni in molti casi hanno rivisto le tariffe delle fasce più alte provocando proteste e nuove forme di risparmio: “niente più mensa, si torna al panino portato da casa”. Confortiamoci, la crisi colpisce tutti anche quelli che per legge sono ritenuti ricchi.
Ma torniamo a Calogero De Caro: a quali dei tre soggetti che ha incontrato potrà affidare la propria speranza per il futuro dei suoi giorni? Certamente alla solidarietà degli uomini, specialmente se vestono una divisa. Ma quanto potrà durare questa solidarietà? E’ lo stesso tipo di solidarietà mostrata da tanta gente nei confronti degli immigrati: indispensabile per accoglierli, insufficiente per garantire loro un futuro dignitoso e stabile.
Questa Italia, talvolta troppo vituperata dagli stesi italiani, non finisce di stupire per le risorse umane che ogni giorno è in grado di mettere in campo. Se ne sono accorti tutti, anche gli stranieri che per secoli ci hanno ritratto prima col mandolino in mano, poi con la pizza nel piatto e dopo con la lupara a tracollo.
L’unica che sembra non voler comprendere e accogliere questo messaggio è la politica italiana, sempre alle prese con logiche e vicende mille miglia lontane dai problemi e i bisogni della gente. Ma perché gli italiani quando vanno in politica dimenticano la stoffa di cui sono fatti, la storia che li ha generati e il futuro che vogliono costruire?
Semplice: si è staccato, ma non per caso, un anello della catena, quello che va sotto il nome di “educazione”, da quella che tramandano le famiglie a quella che si impara a scuola. Abbiamo un popolo che non sa e non vuole più educare, schiacciato tra la pretesa di risolvere i problemi con l’applicazione delle leggi e la generosità del cuore che nessuno può sopprimere. Meno male che il cuore, per definizione, non ha, a differenza delle leggi, alcuna misura.