«Non sappiamo dove mettere i morti». Il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, intervistato da RaiNews24, riassume in una frase il dramma che ha travolto stamattina le coste italiane, quando un barcone con 500 migranti a bordo si è incendiato e ribaltato a poche miglia dall’Isola dei Conigli: la conta dei morti sta per sfondare il muro del centinaio, ma i dispersi segnalati sono più di 250. Il fatto accaduto è di dimensioni inaudite, come riportano molti esponenti del governo (il ministro Alfano ha disdetto tutti gli impegni odierni per recarsi sul posto), ma la domanda che molti si pongono in queste ore dev’essere posta di fronte alla comunità internazionale: dov’è l’Europa oggi? Perché a fare la guerra in Libia la Francia non si è tirata indietro, a sfruttare i canali politico-economici africani sono molte delle potenze europee, ma a Lampedusa l’Italia è sola? E per anni ha dovuto ricevere le sentenze della Corte di giustizia europea, che bacchettava la legge Bossi-Fini in lungo e in largo, facendo passare il nostro Paese per un regime arrogante e indifferente alle tragedie umanitarie?



Il Consiglio d’Europa oggi invoca «maggiore solidarietà con l’Italia» e Johannes Hahn, commissario Ue, ha detto che «le istituzioni Ue esprimono la loro tristezza per quanto avvenuto a Lampedusa. È una vera tragedia che ha coinvolto anche bambini. L’Ue deve vedere cosa fare per aiutare». Forse è giunto il momento di accorgersi che Lampedusa non è solo l’inizio del nostro Paese, ma il segno di un’Europa che non può continuare a giocare con il Nord Africa considerandolo una questione privata dell’Italia.



La metafora più calzante forse sarebbe suggerita dal quel nome, l’Isola dei Conigli, che è molto più grande dei pochi ettari dell’isolotto, e comprende 27 paesi uniti, ma non è tempo di demagogia: si potrà scrivere in queste ore di rabbia e di denuncia – per papa Francesco la tragedia di stamattina è «una vergogna» -, ma nei prossimi giorni serviranno azioni decise nelle sedi internazionali soprattutto lì dove, secondo i trattati e le norme del diritto comunitario, risiede ormai una parte della nostra sovranità nazionale. In questa Europa che a fatica si cerca di ricucire, si può bussare alla porta con forza e dire che oggi, 3 ottobre 2013, decine di cittadini italiani si sono messi in mare per portare in salvo centinaia di profughi: senza aspettare i comunicati, con i propri pescherecci, si sono lanciati a soccorrere i migranti. Cittadini italiani, cittadini europei.

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