La vita degli italiani è sembrata troppo a lungo “un party di adolescenti, un’eterna sfida alle regole. Ora che la festa è finita arriva il dopo-sbronza della mattina”. Lo scrive il New York Times in un articolo di Frank Bruni, ex capo dell’ufficio romano del quotidiano Usa, che non manca di sottolineare come il nostro sia un Paese nel quale “il senso della responsabilità non è più un valore”. Per Stefano Zecchi, professore di Estetica nell’Università degli Studi di Milano, “quello del New York Times è un articolo basato su alcuni stereotipi, che dimentica però dati fondamentali come il fatto che il ‘dopo sbronza’ nel nostro sistema economico è arrivato per colpa degli Stati Uniti”. Ma soprattutto, per il filosofo, “a mettere in crisi la tendenza degli italiani ad assumersi delle responsabilità è stata la demonizzazione della famiglia come luogo privilegiato dell’educazione, portato avanti da una certa politica culturale dal 1968 in avanti”.
Professor Zecchi, gli italiani sono un popolo capace solo di lamentarsi come dice il New York Times?
Affermazioni sull’Italia come questa si sentono ripetutamente e da più parti. Sono del resto dati di fatto che da noi ci sia un debito pubblico alle stelle, che le grandi imprese come la Fiat e Telecom “fuggano” all’estero e che i giovani per trovare lavoro debbano espatriare. Ma nonostante il New York Times parli di disfacimento, il Paese continua ad avere una sua struttura.
Che cosa continua a reggere nonostante le difficoltà?
E’ la tendenza innata degli italiani a rimboccarsi le maniche e a fare da sé anche quando tutto va male. Questo da una parte è un bene in quanto è ciò che tiene in piedi il Paese. Dall’altra però un certo individualismo finisce per ostacolare il lavoro di squadra che oggi è decisivo nel mondo del lavoro, della cultura e dell’impresa.
C‘è davvero, come dice il NYT, una “gerontocrazia che impedisce la meritocrazia nel Paese”?
In parte sì, c’è una gerontocrazia che impedisce la meritocrazia in quanto punta a mantenere delle posizioni di privilegio. Lo vedo nella scuola, nell’università, nel mondo della politica. D’altra parte, come dice anche James Bond nel film Skyfall, “la giovinezza non è garanzia di innovazione”.
In che senso?
Il problema non sono i vecchi che bloccano la strada ai giovani, quanto piuttosto un’assenza di valutazione del merito. Una persona anziana può avere accumulato competenze e con la sua esperienza e saggezza può essere in grado di mandare dei segnali positivi all’intera società. Molti ragazzi al contrario finiscono per pensare che il fatto stesso di essere giovani sia di per sé un merito, mentre è soltanto un dato naturale.
Per Frank Bruni ora nel nostro Paese è arrivato “il dopo sbronza della mattina”. E’ davvero così?
Il “dopo sbronza” è arrivato per colpa degli Stati Uniti, perché è da lì che è partito il grande siluro a un modello economico occidentale. Ciascuno dovrebbe quindi fare i conti in casa propria. Certo nel nostro Paese le cose non funzionano come dovrebbero. Il motivo è però che alcuni parametri europei andrebbero modificati e la stessa Unione Europea andrebbe rivista. Nella Ue abbiamo regole ferree per quanto riguarda i mercati, ma poi non ci sono analogie sui redditi. Un professore universitario tedesco guadagna molto di più di uno italiano, eppure la sua mole di lavoro è la stessa.
Osservati da New York, gli italiani mancano di senso di responsabilità. E’ un punto di vista così fuori luogo?
Quello della responsabilità è un problema di educazione. Ci sono realtà in cui prevale l’interesse personale su quello pubblico, ma la verità è che il principio di responsabilità nasce in una famiglia. Per rispondere a questa domanda bisognerebbe quindi andare a vedere come nel nostro Paese le famiglie sono state massacrate, da un punto di vista culturale prima ancora che economico.
A che cosa si riferisce?
Mi riferisco al fatto che è venuto meno qualsiasi rispetto per la famiglia come fondamento della struttura sociale. Dal ’68 in avanti una politica culturale ha demonizzato la famiglia e la figura del padre. Quando si parla di responsabilità, mi domando dove possa nascere in una persona se non nella sua famiglia attraverso l’educazione dei genitori.
(Pietro Vernizzi)