Ci siamo: adesso che l’ora legale è entrata a pieno ritmo nella nostra vita, ora che il buio ci prende ancora al lavoro come un abbraccio, è il momento dei piatti che scaldano. A me queste giornate mettono gioia proprio verso la sera che viene presto, mentre la luce delle 4 del pomeriggio sembra un’incompiuta che mette ansia. “Sta già venendo sera e non ho concluso niente”: quante volte ci ha sfiorato questo pensiero. Il mio amico Giacono Bologna diceva allo scrittore Franco Piccinelli: “A me piace l’estate ma è così bello l’inverno” e credo che si riferisse proprio ai cibi di questa stagione sublimati con una Barbera di quelle generose. E quali sono i piatti del freddo ? Bè fra pochi giorni, un piatto classico per celebrare il ricordo dei defunti sono i ceci, che vendono serviti con le costine di maiale in brodo. Ma nelle trattorie milanesi va forte la cassoeula, che è il trionfo della verza e del maiale.



Quella che vedete in foto è la cassoeula del Monsignore, il patron dell’Altra Isola di Milano che la fa generosa, alla maniera di Giuan Brera (e si beve Barbacarlo), il grande giornalista padano che diede a Gianni Borrelli quel soprannome, dovuto allo stile con cui serviva a tavola. Per la bagnacaoda, piatto piemontese per antonomasia bisogna aspettare ancora qualche settimana: i cardi migliori sono quelli che hanno subìto la gelata. E sono croccanti, amari e dolci (nel cuore), immacabili insieme ai topinanbour.



Ma un altro piatto, che descriviamo su Adesso, il libro per la famiglia in dirittura d’arrivo per l’ottava edizione è la brovada, gloria del Friuli Venezia Giulia. Qui di seguito la ricetta che appare anche sul libro di Anna Gosetti della Salda, “Le ricette regionali italiane” (in libreria c’è da un paio d’anni la ristampa numero 17). Un caposaldo, che ha forgiato tanti cuochi e cuoche. Eccola, con tutti gli ingredienti originali (che oggi magari non sono più attuali, come il fondo dentro cui far macerare le rape, altro ortaggio superbo per la bagnacaoda).

Ingredienti:



• rape fresche

• feccia di vino (fondo, deposito)

• brodo di “musetto”

• strutto

• olio d’oliva

• aglio

• pepe

Lasciare macerare le rape per almeno 30 giorni nella feccia di vino. Toglierle quindi dal vino e tagliarle in sottili listerelle. Fare un soffritto con strutto, olio e uno spicchio d’aglio; appena l’aglio sarà imbiondito levarlo, unire le rape (brovade), peparle e cuocerle, bagnandole ogni tanto con un po’ di brodo di musetto (cotechino), prima ben sgrassato, o con brodo fatto con costolette di maiale. Facoltativa l’aggiunta di una cucchiaiata di farina bianca, che serve soltanto per addensare la preparazione. Variante: le rape, dopo averle tagliate a listerelle, si servono anche soffritte in un battuto di lardo, cipolla e prezzemolo, da sole o quale accompagnamento al cotechino, oppure si usano per la minestra di fagioli, che prende il nome di “fasui e broàde”. Questa ricetta è proprio adatta per i mesi freddi: riscalda il palato, questa gloria per stomaci forti, che almeno una volta l’anno bisogna celebrare.

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