Tra i santi che vengono celebrati il 31 ottobre, va segnalato in modo particolare Sant’Alfonso Rodriguez. Nato a Segovia, in Spagna, il 25 luglio del 1533, è considerato il patrono di Palma di Maiorca, la città ove è morto il 30 ottobre del 1617, oltre che di uscieri e portieri. Proveniente da una famiglia di mercanti, aveva anche lui abbracciato la professione dei predecessori, commerciando stoffe e lana, dopo avere abbandonato gli studi seguiti con grande profitto presso i gesuiti di Alcalà per la morte del padre. Aveva ventitré anni quando fu costretto ad assumere la gestione della piccola impresa familiare, ma la professione non fu mai particolarmente amata da Alfonso, che aveva sempre sognato di consacrare la sua vita a Dio. A rendere ancora più pesante la situazione, concorse anche il fatto di avere nel frattempo creato una famiglia e avuto due bambini. Quando però perse la moglie, il trauma lo spinse a cedere tutti i suoi beni al fratello e a trasferirsi nella città di Valencia, al fine di entrare nella Compagnia di Gesù, desiderio coltivato sin dagli anni giovanili come il modo migliore per consacrare la sua esistenza alla spiritualità. Accolto dai Gesuiti in qualità di fratello coadiutore e inviato al Collegio di Monte Sion, sito a Palma di Maiorca, dal quale partivano i missionari diretti nelle Americhe, rimase nell’isola per oltre un trentennio, svolgendo l’attività di portinaio, mansione che gli permise infine di ritrovare serenità e di instradarsi sulla via che lo avrebbe condotto alla santità. Adempiendo al suo dovere, infatti, Alfonso Rodriguez caratterizzò la sua presenza con una grande affabilità e capacità di ascolto per tutti coloro che si recavano dai Gesuiti, aiutando con una parola, una preghiera o un consiglio e spingendo molti di essi a convertirsi all’amore fraterno. Una funzione nella quale portò la sua straordinaria capacità di mettersi al servizio degli altri e un carattere fondato su eccezionale semplicità e umiltà. Doti che andavano a unirsi al carisma che gli era riconosciuto da tutti, rendendo ancora più efficace il suo contributo. La sua osservanza ai superiori rimase proverbiale, tanto da spingerlo in una occasione a non aprire la porta al Vicerè, presentatosi a un’ora precedente a quella che il Rettore gli aveva imposto come apertura.



Altro episodio tramandato in tal senso fu quello relativo al piatto da lui ingerito quando gli fu richiesto di mangiare, ordine relativo naturalmente al contenuto, ma impartito senza specificazione. Le esperienze mistiche, i miracoli e gli episodi di preveggenza di cui fu ripetutamente protagonista, ne fecero un vero e proprio punto di riferimento, in particolare per i novizi, i quali lo elessero ben presto a padre spirituale, rivolgendosi con grande frequenza ai suoi consigli, ritenendoli del tutto decisivi. Tra i novizi che si rivolsero a lui, ci fu anche Pietro Clavier, colui che sarebbe diventato l’apostolo degli schiavi nelle Indie e che proprio da Alfonso Rodriguez ebbe la predizione della sua missione, il quale instaurò con l’umile portinaio un rapporto strettissimo e decisivo nella successiva formazione spirituale.Tra gli scritti di Alfonso Rodriguez, poi raccolti e pubblicati tra il 1885 e il 1887 e distinti da lucidità e capacità di penetrazione con comuni, vanno ricordati in particolare quelli dedicati all’insegnamento mistico e ascetico, come le celebri Memorie, le quali furono elaborate su preciso ordine dei superiori, al fine di non disperdere un contributo giudicato di fondamentale importanza.



La tenera devozione da lui nutrita per la Santissima Vergine fu grandissima. Come del resto fu grande la riverenza per il suo angelo custode, al quale dette il merito di averlo supportato in un episodio poi raccontato in uno dei suoi celebri scritti. Salendo infatti per una delle scale interne del convento, nel corso di una notte, Alfonso Rodriguez svenne per le esalazioni emanate da una finestra che si affacciava sul cortile della cisterna. A sorreggerlo nell’occasione, impedendogli di cadere al suolo fu proprio l’angelo custode, il quale in base al racconto poi stilato lo accompagnò nelle sue stanze, non senza prima aver provveduto alla purificazione dell’aria. Lo scritto che ricavò da questo episodio, stampato anch’esso dopo la sua morte, fu incentrato sul nefasto effetto provocato nell’anima dal peccato. Dal quale del resto Sant’Alfonso rimase sempre immune nel corso della sua esistenza.

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