Avevano acceso un fuoco sul barcone per farsi notare, per rendersi visibili a quanti avrebbero potuto venire in loro soccorso. E, invece, quel fuoco li ha traditi, senza pietà. La conta dei cadaveri a Lampedusa è proseguita per tutta la giornata, fino a notte fonda. Centinaia le vittime: donne, uomini, bambini che cercavano una vita migliore e hanno trovato, invece, la morte. Ma quelle fiamme foriere di una strage di innocenti hanno squarciato anche il fitto velo dell’indifferenza che accompagna da anni gli sbarchi dei migranti.
Ci voleva, forse, questa immane tragedia, che ha fatto gridare al Papa “Vergogna!”, per scuoterci dalla futilità dei dibattiti politici e dalla banalità dei piccoli problemi che spesso sembrano toglierci il respiro. E invitarci a guardare oltre il nostro ombelico. Ma anche per evidenziare davanti al mondo la posizione cinica di un’Europa che non si commuove neanche per i bambini senza vita sul molo di Lampedusa e sa dire solo che serve più dissuasione verso i migranti.
Da Lampedusa ci è arrivata ieri, fra le altre immagini commoventi e agghiaccianti, quella di una volontaria che assisteva in lacrime alla tragedia che si stava compiendo sotto i suoi occhi. Di fronte ai cadaveri ammassati sul molo, quella volontaria poteva solo piangere. E pregare.
In questa circostanza ritorna l’interrogativo rivolto proprio nel corso della recente visita a Lampedusa dal Papa: “Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle?” Non possiamo anche noi, come gli abitanti di Fuente Ovejiuna, protagonisti di una commedia di Lope de Vega dire: “Nessuno”. Né possiamo semplicemente addossare la colpa della tragedia di ieri a quei pescherecci che avrebbero, secondo alcune ricostruzioni, fatto finta di non vedere l’imbarcazione dei migranti in difficoltà. Ci sono dei mercanti di morte, lo abbiamo visto nei giorni scorsi per altre vittime a Scicli nel Ragusano, che impunemente solcano il Mediterraneo vendendo sogni di libertà a caro prezzo a ignari migranti. E ci sono Paesi Ue che si limitano a chiudere le frontiere per non avere il fastidio di dover badare a poveracci che scappano dalla fame o dalla guerra.
Fermare questi flussi clandestini, come ieri ha chiesto autorevolmente il capo dello Stato, e aprire le porte dell’Europa ai bisognosi sono due scelte non più prorogabili.
Nel suo piccolo Lampedusa, come avevano già fatto Scicli, Siracusa e Catania nelle scorse settimane, ha dato testimonianza di cosa può fare una popolazione dal cuore aperto. Può fare di tutto per salvare vite umane (come la famiglia che per prima di notte ha raccolto dal mare 47 naufraghi), può accogliere e avere compassione. Ma ora anche le istituzioni regionali, nazionali e, soprattutto, europee devono prendere di petto il problema dei migranti e della polveriera che si sta preparando nelle coste a Sud del Mediterraneo. Appena tre anni fa brindavamo alle primavere arabe, oggi ci troviamo a far fronte a un duro inverno e a un Canale di Sicilia trasformato in cimitero di migranti. Per questo è giunto il tempo di abbattere il muro dell’indifferenza e del cinismo.